2015-03-03 13:52:00

Avviata la Campagna "Baci da Sarajevo" di Sos Villaggi


E’ partita la campagna #BaciDaSarajevo  promossa per donare un futuro migliore ai bambini della Bosnia. L’iniziativa è dell’associazione Sos Villaggi dei Bambini, presente nel Paese dal 1994 con progetti di accoglienza e sostegno a minori e a famiglie in gravi difficoltà economiche e sociali. Due i villaggi Sos già avviati, a cui si affiancano 3 programmi di rafforzamento familiare e il progetto di prevenzione mobile SuperBus. A vent’anni dal conflitto che ha devastato la Bosnia, sono ancora tante le necessità della popolazione, di cui però non si parla più. Adriana Masotti ha sentito Elena Cranchi, portavoce di Sos Villaggi dei bambini:

R. - È così: quando scoppiano i conflitti nei Paesi c’è molta attenzione, poi si spengono i riflettori ma rimane l’emergenza. In Bosnia c’è un’emergenza socio-politica incredibile. Abbiamo un tasso di povertà elevatissimo – si attesta al 70% -, la categoria più vulnerabile come sempre è quella dei bambini. Sos villaggi dei bambini si occupa lì, come in tutte le parti del mondo, di bambini privi di cure familiari o che rischiano di perderle. Sono tantissimi, si parla di più di centomila bambini! Il vero problema è che in Bosnia ci sono ancora gli orfanotrofi che sono delle strutture all’interno delle quali vengono buttati tantissimi bambini che poi perdono quelli che sono gli elementi fondamentali per una crescita. Noi li accogliamo, diamo loro un ambiente familiare, diamo dei punti di riferimento, li accompagniamo verso la crescita, ma la cosa più importante che facciamo è quella di ricostruire le famiglie vulnerabili e quindi, in qualche modo, di curare quella crisi che ha portato queste a separarsi e ad abbandonare i bambini.

D. - Oltre alla povertà c’è anche un problema di convivenza tra etnie e religioni diverse che ad un certo punto si sono fatte così male …

R. - Ogni bambino è uguale a prescindere dalla religione, dal colore, dall’etnia … Quindi il valore dell’integrazione e dell’uguaglianza noi lo portiamo avanti in ogni Paese. In Bosnia ci stiamo occupando anche della scolarizzazione dei bambini che è il primo termometro di questa mancanza di integrazione, tanto che i bambini disabili, quelli che vivono nelle zone rurali - quindi appartengono magari a piccole etnie o i bambini rom - non hanno libero accesso all’istruzione. Quello che noi stiamo facendo in questo momento nei Centri sociali che sono a Srebrenica e a Sarajevo e attraverso questo centro sociale mobile  - che di fatto è proprio un bus – è dare sostegno a più di 70mila persone. Significa che andiamo nelle zone per portare aiuto, sostegno psicosociale e non solo, anche pacchi alimentari e igienici a famiglie che in tutti questi anni non sono riusciti ancora ad avere anche solo un’autonomia propria.

D. - Con il progetto “#Baci da Sarajevo” che cosa volete fare in più?

R. - Con questo progetto “#Baci da Sarajevo” vogliamo continuare a dare sostegno di qualità ai cento bambini che accogliamo nel villaggio Sos di Sarajevo.  In questo momento la nostra testimonial, che è la conduttrice radiofonica La Pina, è proprio nel villaggio, e avremo la possibilità anche grazie a lei di raccontare le storie, mostrare le fotografie, di far vedere cosa significhi l’accoglienza. Oltre a questo noi daremo sostegno e rafforzamento familiare a circa 200 famiglie, a più di 400 bambini che sono in difficoltà economica, ai 500 tra bambini e ragazzi che verranno raggiunti da questo SuperBus che porterà educazione, quindi porterà libri, materiale didattico e poi a Srebrenica continueremo invece a rafforzare le famiglie in difficoltà. Ovviamente chiediamo aiuto a chi in questo momento ci ascolta, a chi avrà voglia  di continuare a portare, in questo caso, il futuro a bambini che hanno diritto di averlo in una terra perfettamente dimenticata. Secondo me molti non ricordano neanche più che cosa è accaduto lì, perché 20 anni sono tanti! Noi viviamo in un momento storico in cui un’emergenza mangia un’altra emergenza di cui poi ci si dimentica. Lo dico perché personalmente, quando ho detto che avremmo fatto questa campagna sulla Bosnia, molta gente ha detto: “La Bosnia? Come la Bosnia...” E invece sì, proprio la Bosnia, perché noi siamo presenti in tutti i Paesi non solo quando c’è il conflitto, ma anche dopo, quando le persone non hanno i mezzi per vivere una vita normale e quando tutto il resto del mondo non le guarda più.








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