2015-02-28 17:00:00

Pakistan, anniversario morte Bhatti. Il ricordo del fratello Paul


Questa domenica, con una una Messa celebrata nella Chiesa romana di San Bartolomeo all'Isola Tiberina, dove è conservata la Bibbia del ministro pachistano Shahbaz Bhatti, si è ricordato il quarto anniversario della sua uccisione avvenuta il 2 marzo 2011. Un omicidio con il quale gli estremisti intendevano mettere fine all’impegno di Bhatti nella difesa delle minoranze religiose del Paese. A promuovere l'evento, la Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con l’Associazione dei pachistani cristiani in Italia. “Finché avrò vita – si legge nel testamento di Bhatti – continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi e i poveri”. Un servizio che continua grazie alla sua associazione, fondata nel 2002, e che oggi è guidata dal fratello Paul Bhatti. Al microfono di Benedetta Capelli così ricorda quella drammatica giornata:

R. – Ogni volta che arriva questo mese di marzo, chiaramente si riaccende la memoria di quel momento, quando io ero medico qui in Italia: mio fratello, già da qualche tempo, mi continuava a richiamare in Pakistan, per andare a lavorare insieme con lui. Avevo una vita tutto sommato tranquilla, per me e per la mia famiglia; mia madre viveva con lui e mio padre era deceduto un mese prima del suo assassinio. Quel giorno stavo andando in clinica, a Treviso: era mattina, ho sentito la notizia del suo assassinio. E’ stata una notizia veramente scioccante e ha completamente cambiato la mia vita e quella della mia famiglia per sempre! Immediatamente mi sono preoccupato per mia madre, perché mia madre viveva con lui… Poi ho saputo che lei avevo sentito addirittura gli spari, quando hanno ucciso mio fratello, perché era vicino casa. Nonostante tutto, io ho visto come mia madre sia stata coraggiosa, quanto ha trovato forza nella sua fede. Addirittura quando sono andato a dirle che avrei voluto continuare la missione di mio fratello, lei mi ha detto: “Sì, perché la sua missione deve continuare!”. Io ero molto arrabbiato e quando sono tornato in Pakistan pensavo di dire addio per sempre al mio Paese. Ma poi sono rimasto lì, e sono rimasto anche volentieri. Avevo la carica e avevo la voglia di continuare la sua missione, vedevo i lavori bellissimi che aveva fatto; ho vissuto l’amore che lui aveva condiviso con le altre fedi, con i musulmani, con i politici e con le guide religiose di varie fedi. E’ stata un’esperienza bellissima! Nella mia carriera in Pakistan ho avuto più appoggio dai musulmani che da persone di altre religioni. Sono sicuro che, prima o poi, si vedrà la pace, vedremo i risultati della missione di Shahbaz, il suo sogno di una convivenza pacifica e specialmente la protezione dei più poveri, di quelli più emarginati e dei perseguitati si avvererà.

D. – A quattro anni distanza, cosa ha seminato – secondo lei – il “sacrificio commovente”, come lo aveva definito Benedetto XVI, di suo fratello?

R. – Da una parte, per noi come famiglia, è stata una giornata nera, una giornata triste; ma dall’altra, ha acceso una luce sulla causa della libertà religiosa. Lui aveva una particolare sensibilità per il tema e così lo aveva condiviso con tutti e tutto il mondo se ne è accorto e sono sicuro che, prima o poi, arriverà ad una conclusione definitiva, si arriverà ad una pace. Specialmente in Pakistan, questo assassinio ha dato una carica molto forte ai giovani, ai giovani cristiani che credono, che credono in una fede che Shahbaz ha dimostrato di vivere fino al suo ultimo respiro. Perciò questo è un esempio di fede, una fede conclusa con il martirio in Pakistan e che ha rappresentato una carica molto forte per i nostri giovani.

D. – Oggi l’impegno di Bhatti in difesa delle minoranze in che modo sta continuando?

R. – Noi abbiamo l’Alleanza di tutte le minoranze, che è una associazione, un movimento che ha formato lui. E in questa associazione, insieme a noi, ci sono tanti altri musulmani, che sono con noi, che ci appoggiano. E’ stato molto importante la causa per blasfemia di Rifta Masih, che è stata poi liberata, era la  prima volta che ciò avveniva nella storia del Pakistan. Tutto è successo grazie al consenso dei musulmani e, per la prima volta, è stato messo in prigione un musulmano che aveva accusato falsamente la bambina. Adesso tutto il mondo, specialmente il Pakistan, è unito nella causa della libertà religiosa. Non ci sono più casi di accuse come quelle di Asia Bibi o di persone che sono state accusate falsamente e che sono in prigione. E sono sicuro che un giorno saranno prima di tutto i musulmani a difendere i cristiani!

D. – Lei ha citato Asia Bibi: com’è la sua situazione, ma anche quella di tanti altri cristiani che sono accusati ingiustamente di blasfemia?

R. – Attualmente, c’è qualcosa che sta cambiando in Pakistan. Io sono certo che Asia Bibi verrà liberata! E sono certo che verranno liberati anche gli altri. Di quanto dico non ho prove per dimostrarlo, ma la mia fede, la mia convinzione e i sacrifici che abbiamo fatto, come famiglia, con la morte di mio fratello e anche con l’uccisione del governatore del Punjab dovranno portare risultati. Io penso che questa donna sarà liberata.








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