2015-02-25 06:41:00

Rapporto Amnesty: il 2014 anno drammatico per milioni di persone


Il 2014 è stato “catastrofico per milioni di persone intrappolate nella violenza”. E’ la denuncia del Rapporto annuale di Amnesty International che prende in esame la situazione in 160 Paesi e che definisce “vergognosa e inefficace la risposta globale alle atrocità degli Stati e dei gruppi armati”. Servizio di Francesca Sabatinelli:

E’ una realtà tetra quella che presenta l’ultimo rapporto di Amnesty, che parla di milioni di persone intrappolate nella violenza dei conflitti che vanno da Gaza, alla Nigeria, dalla Siria alla Repubblica Centrafricana, dall’Ucraina all’Iraq, e di come di fronte a questa immane tragedia la comunità internazionale sia rimasta assente. Quest’anno, ricorrono i 70 anni dalla creazione delle Nazioni Unite e il mondo assiste a una violenza su scala globale che ha provocato un’impressionate ondata di rifugiati. E sarà soprattutto per questo che si ricorderà il 2014, segnato inoltre dall’altissimo numero di atrocità commesse da governi e da gruppi armati, che hanno acquisito un sempre più ampio controllo di territori, così come dal conflitto in Ucraina dell’est, con il quale in Europa si è tornati a vivere un clima da guerra fredda. Particolare preoccupazione viene espressa soprattutto per il crescente potere di gruppi come quello del sedicente Stato islamico, come Boko Haram e come Al Shabaab. Antonio Marchesi, presidente di Amnesty Italia:

“La comunità internazionale non può pensare di costruire dei muri, di proteggere le proprie frontiere. C’è un’emergenza umanitaria e i Paesi ricchi saranno pure in crisi economica, ma rimangono pur sempre Paesi molto più ricchi degli altri e devono fare la loro parte. La maggior parte delle persone che sono fuggite dalla Siria si trova in Libano, in Giordania, in Turchia, in alcuni casi in Iraq, non in Europa. Quindi, non c’è questa invasione”.

Le cifre del rapporto parlano di 18 Paesi nei quali sono stati commessi crimini di guerra o altre violazioni delle “Leggi di guerra”, di almeno 35 Paesi nei quali gruppi armati hanno commesso abusi, di oltre 3.400 rifugiati e migranti annegati nel Mediterraneo, di 4 milioni di rifugiati fuggiti dalla Siria - il 95% dei quali ospitati nei Paesi confinanti - di 119 Paesi nei quali i governi hanno arbitrariamente limitato la libertà di espressione. Amnesty International sollecita a non adottare tattiche draconiane e repressive per combattere la violenza, perché la risposta degli Stati alla minaccia non deve mettere a rischio i diritti umani fondamentali. “Le reazioni impulsive non funzionano”, dice ancora Marchesi:

“Non pensiamo che sia saggio rispolverare gli strumenti utilizzati in maniera inefficace, o addirittura controproducente, dopo l’11 settembre, per fronteggiare la minaccia terroristica attuale. Nel momento in cui si colpisce nel mucchio, si creano le condizioni per l’aumento del fenomeno dell’estremismo, della radicalizzazione dello scontro in qualche modo. Nel momento in cui si limita fortemente la libertà d’espressione, al di là di quanto sia necessario, come risposta al terrorismo, in qualche modo si fa ciò che il terrorismo vuole che si faccia: si rinuncia ai propri valori identitari, si pensa di dover combattere sullo stesso piano. Ci sono situazioni più particolarmente gravi: in Nigeria le forze di sicurezza contro le popolazioni civili usano strumenti che a volte sono molto simili a quelli di Boko Haram. In Turchia ci sono delle norme antiterrorismo che sono gravemente lesive della libertà di espressione e che possono facilmente essere usate come pretesto per colpire altro, rispetto al terrorismo. Ci sono decreti in discussione in Spagna, per esempio, che hanno delle definizioni di terrorismo che sono di una genericità che non è accettabile nell’ambito del diritto penale di uno Stato di diritto”.

Si chiede di agire e l’appello è rivolto direttamente ai Paesi membri del Consiglio di Sicurezza Onu:

“Chiediamo ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza di rinunciare preventivamente in via generale, in modo formale, all’utilizzo del loro potere di veto ogni volta che si discute di situazioni nelle quali vengono compiute atrocità di massa o genocidi e quando si discute della punizione di questi fatti. Quindi, quando l’argomento della risoluzione è questo, si chiede che, ovviamente per interessi politici, non venga posto il potere di veto, che si rinunci a questo potere in partenza. Questo potrebbe in qualche modo sbloccare questa paralisi del Consiglio di fronte a crisi che finiscono con il non avere risposte. L’altro punto è la ratifica del Trattato sul commercio delle armi, che è stato ratificato da molti Paesi, è entrato in vigore ma non è stato ratificato dagli Stati Uniti, dalla Russia, dal Canada, da Israele. Quindi, ci sono una serie di Paesi importanti che dovrebbero ratificare questo testo, poiché la circolazione di enormi arsenali su territori dove poi finiscono in mano ora all’uno ora all’altro evidentemente è un fattore preoccupante, che non aiuta a limitare il numero dei morti”.

Un’aspra critica Amnesty la rivolge al governo italiano che “ha sprecato il semestre di presidenza dell’Ue”. In Italia, si denuncia, non esiste ancora il reato di tortura e non è stata creata un’istituzione indipendente con competenze sui diritti umani, ma è soprattutto in materia di politiche migratorie che l’Italia ha fallito. Gianni Rufini, direttore di Amnesty International Italia:

“Si era fatto un passo in avanti, mi sento di dire, con 'Mare Nostrum'. Un primo tentativo di essere proattivi da parte dell’Europa e, in particolare dell’Italia, e cioè salvare vite come mandato principale e al tempo stesso creare un meccanismo che potesse far convergere, far assorbire in modo più ordinato e più controllato, il grande numero di richiedenti asilo e di migranti irregolari che attraversano il Mediterraneo ogni giorno. E ci si era dati uno strumento che funzionava bene, da tutti i punti di vista. Si è deciso di chiuderlo, non credo per il costo eccessivo, perché francamente per l’Unione Europea, per i 28 Paesi della parte più ricca del mondo, credo che nove milioni al mese siano spiccioli, soprattutto di fronte alla salvezza di centinaia di migliaia di vite. Lo si è fatto naturalmente per l’incapacità della politica di resistere al richiamo di quei gruppi xenofobi, razzisti, che ancora hanno un ruolo molto importante nel dibattito politico in tutti i Paesi dell’Unione. Pper il timore di mostrarsi troppo compiacenti nei confronti della migrazione, alienandosi dei settori dell’opinione pubblica e di conseguenza mancando del coraggio di fare un discorso aperto, serio e concreto sulla migrazione, non solo per tutelare i diritti di queste persone, ma anche per cogliere un’importante occasione storica. Un semestre sprecato perché l’Italia non ha saputo porre al centro dell’agenda e del dibattito il tema dei diritti umani, neppure quello dei diritti dei migranti e dei rifugiati. Un semestre che si è chiuso con la decisione di chiudere anche 'Mare Nostrum', che era uno strumento di successo, per farla sostituire dall’operazione europea 'Triton', che si è dimostrata assolutamente inadatta a gestire questo tipo di problematiche, sia perché è un’operazione piccola, con un mandato limitatissimo e concentrato sulla sicurezza, sia perché evidentemente non c’è alcuna intenzione da parte dell’Europa di assumersi finalmente delle responsabilità per affrontare questo problema. E’ un problema grandissimo: è un problema che costa la vita a migliaia di persone, è un problema che si fonda su una distorsione del diritto internazionale, perché quelle persone dovrebbero avere la possibilità di presentare la loro domanda di asilo prima di affrontare una traversata di questo genere. E’ un problema che potrebbe trovare facile soluzione a livello politico, se solo la politica se lo ponesse al centro del dibattito”.    

Non mancano comunque i risultati: il 2014 ha visto una stragrande maggioranza di Paesi, 117, votare a favore della risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu sulla moratoria delle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.








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