Nella notte un gruppo di estremisti israeliani avrebbe incendiato una moschea palestinese nel villaggio di Jab'awas, nei pressi di Betlemme, in Cisgiordania, lasciando anche scritte ingiuriose e blasfeme nell'area teatro dell'attacco. Dietro il raid - riporta l'agenzia AsiaNews - vi sarebbero i coloni israeliani, che hanno colpito un nuovo luogo di culto musulmano - nel mirino vi sono anche chiese e cimiteri cristiani - secondo la logica del "price tag". Il "prezzo da pagare" è un motto utilizzato dagli estremisti israeliani, che minacciano cristiani e musulmani per aver "sottratto loro la terra". Un tempo il fenomeno era diffuso solo nelle aree al confine con la Cisgiordania e a Gerusalemme, ma oggi si è esteso in gran parte del territorio.
Sulle pareti della moschea graffiti in ebraico
Jibreen al-Bakri, governatore della regione di Betlemme, riferisce che il rogo della
moschea è avvenuto all'alba di oggi; le fiamme hanno causato gravi danni alle pareti
e ai pavimenti, ricoperti di moquette. La tv israeliana ha mostrato inoltre alcune
immagini che ritraevano graffiti in ebraico sui muri del luogo di culto musulmano.
Alcuni degli slogan recitavano "Vogliamo la redenzione di Sion" e "Vendetta", assieme
alla stella di Davide. La polizia israeliana ha aperto
un'indagine sulla vicenda ma, come è avvenuto diverse volte in passato nei casi di
attacchi a luoghi di culto cristiani, appare poco probabile che i responsabili vengano
consegnati alla giustizia. Gli ignoti assalitori hanno anche danneggiato alcune auto
parcheggiate nei pressi della moschea.
La polizia condanna i crimini per motivi nazionalistici
Micky Rosenfeld, portavoce della polizia israeliana, sottolinea che "i crimini commessi
per motivi legati al nazionalismo sono di particolare gravità" e destano grande preoccupazione
fra le autorità. I giovani estremisti compiono questi attacchi per protestare contro
le azioni del governo israeliano, che secondo loro vogliono "contenere l'attività
dei coloni" e l'espansione degli insediamenti nei Territori occupati.
Autopsia sul corpo del giovane palestinese ucciso dalla polizia
Intanto emergono nuovi dettagli nello scontro avvenuto nella notte fra il 23 e il
24 febbraio al campo profughi di Dheisheh, poco distante da Betlemme, in cui è morto
un giovane palestinese. L'autopsia effettuata sul corpo di ihad al-Jafari, un sostenitore
del movimento Fatah, legato al presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas,
mostra che egli è stato ucciso da un colpo esploso a breve distanza. Sabri al-Aloul,
esperto di medicina legale, afferma che "si è trattato di una sorta di esecuzione".
Una ricostruzione che smentisce la versione fornita dall'esercito israeliano, secondo
cui i soldati sotto attacco avrebbero aperto il fuoco a distanza e il giovane - che
si trovava sul tetto della sua abitazione - è rimasto colpito da un proiettile. (R.P.)
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