2015-02-15 11:59:00

In un film, la storia delle battaglie di Martin Luther King


E’ arrivato anche nelle sale italiane il film diretto dalla regista afroamericana Ava DuVernay “Selma - La strada per la libertà”, protagonista l'attore inglese di origini nigeriane David Oyelowo nei panni di Martin Luther King. E' il racconto storicamente accurato di quanto accadde in Alabama nel 1965 nel corso delle proteste pacifiche della comunità afroamericana per ottenere il diritto di voto. Il servizio di Luca Pellegrini.

Il 7 marzo 1965, seicento dimostranti di colore che partecipavano a una pacifica marcia, attraversando l'Alabama River sull'Edmund Pettus Bridge di Selma, nello Stato dell'Alabama, vennero caricati dalla guardia nazionale, bianca. Chiedevano uguali diritti di voto, negato in quelli Stati del Sud ancora gravati dalle forme più cupe e odiose di razzismo. Per l'America si apriva in casa il fronte di una guerra, mentre nella lontanissima Asia se ne stava combattendo un'altra inutile e tragica. Qualche giorno più tardi un pastore evangelico di Boston, James Reeb, unitosi a una seconda marcia condotta da Martin Luther King, moriva con il cranio fracassato per le percosse ricevute da alcuni segregazionisti, bianchi. Dovevano passare mesi di violenze, sdegni nazionali e una buona dose di faide politiche perché il Presidente Johnson firmasse, il 6 agosto 1965, lo storico "Voting Rights Act" col quale assicurava il diritto di voto a tutta la popolazione afroamericana. Il film racconta in modo appassionato questi eventi ed è importante che a narrarli sia stata chiamata una donna, perché la comunità femminile nera, sulla quale gravavano ancora forme di sessismo, ebbe un ruolo da protagonista nella lotta pacifica che caratterizzò tutti gli anni '60, culminando nell'assassinio del reverendo King, avvenuto nel 1968. La regista precisa alcuni aspetti del suo lavoro.

R. – I focused on a story about…
Mi sono concentrata su una storia di personaggi, perché ho davvero visto il dott. King come un uomo comune che ha fatto una cosa straordinaria. E tutte quelle persone erano persone comuni che sono andate oltre quello che tutti pensavano potessero fare. Quindi, si pensa al dott. King come a una statua di pietra, a un discorso, come a un leader di marce, ma lui era un uomo, era un uomo morto all’età di 39 anni, mentre lottava per la libertà, che tutti noi godiamo. E quindi quando si smonta il suo mito e si arriva all’uomo che era, cresci un poco dentro di te, perché sai che la forza interiore è davvero qualcosa che tutti hanno e, se la tiri fuori, puoi fare grandi cose.

D. - Come ha affrontato questo periodo storico?

R. – To tell the truth…
Il mio approccio è stato quello di dire la verità, il meglio che potevamo, perché la verità di quello che è accaduto, le vere persone che hanno agito, sono molto più avvincenti di qualsiasi personaggio tu possa inventare. Tutti quelli che si vedono nel film sono davvero vissuti, hanno davvero lottato e hanno davvero fatto queste cose. Sono così affascinanti e così ricchi!

D. - Che cosa offre secondo lei il film al pubblico?

R. – We invite people to see a film…
Abbiamo invitato le persone a vedere un film sulla resistenza. C’è una sorta di bellezza nel resistere a quello che tu sai non essere vero. E la menzogna cui le persone in questo film, e le persone che hanno davvero vissuto, hanno resistito è rappresentata dal far  sentire qualcuno essere inferiore. Essere nero, nel 1965, in Alabama significava questo. Ma anche nel 2014-15, è sentito come qualcosa che non va bene. Nessuno è inferiore a qualcun altro e le barriere, le strutture, i sistemi collocati intorno a noi, che servono a far sentire questa inferiorità, non sono mai veri. Quindi, guardare svolgersi una storia in cui le persone hanno trionfato su quella menzogna è qualcosa di universale.








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