2015-02-13 12:48:00

Il card. Lacroix: Curia non sia dogana ma servizio a missione Chiesa


La riforma della Curia – ha detto ieri Papa Francesco in apertura del Concistoro - deve “favorire maggiore armonia nel lavoro dei vari dicasteri e uffici al fine di realizzare una più efficace collaborazione in quell’assoluta trasparenza che edifica l’autentica sinodalità e la collegialità. La riforma – ha sottolineato il Pontefice - non è fine a se stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana”, favorire “una più efficace evangelizzazione” e “incoraggiare un dialogo più costruttivo con tutti”. Sulla riforma della Curia ascoltiamo il cardinale Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec, in Canada, al microfono di Hélène Destombes:

R. – Dans les congrégations, avant le Conclave...
Nelle congregazioni, prima del Conclave, c’era già un grande desiderio di riforma. Il Papa risponde a questo desiderio. E i cardinali vedono che il Santo Padre ha preso seriamente in considerazione questa domanda e ci lavora con un Consiglio di 9 porporati ma anche in maniera allargata. Consulta molto i capi Dicastero, che danno molti suggerimenti, e anche molte altre persone sono state consultate.

D. – Quale dovrebbe essere l’identità della Curia Romana?

R. – Une identité de service. D’abord, service au Saint-Père  …
Un’identità di servizio. Innanzitutto servizio al Santo Padre per aiutarlo nella sua missione. Ma anche servizio alla missione della Chiesa e alle Chiese locali. Il Papa dice che entrare nella Curia Romana non deve significare svolgere un lavoro da dogana. L’identità della Curia deve essere quella di aiutare la Chiesa a realizzare la sua missione.

D. - Questa riforma suscita interrogativi, entusiasmo, forse inquietudine. Cosa ha percepito tra i cardinali?

R. – Je n’ai rien perçu comme inquiétude …
Non ho percepito inquietudine. Ma non bisogna mettere la testa sotto la sabbia. Ogni riforma suscita inquietudine. Ogni cambiamento, piccolo che sia, provoca inquietudine, a volte paura. Questo non deve sorprendere ed è una grande sfida. Siamo tutti cattolici, ma veniamo da tutte le parti del mondo, siamo di differenti culture, lingue e tradizioni. Tutto questo arricchisce ciò che siamo. Siamo di differenti generazioni. Ci sono differenti scuole di pensiero. Riunire tutto ciò e lavorare a questa riforma che auspica il Papa e anche la Chiesa, è esigente: ma un cambiamento è necessario! Questo è stato detto chiaramente e ci lavoreremo insieme per arrivarci.

D. - Oggi qual è la priorità?

R. – Je sens très fort que le Saint-Père veut que …
Sento molto forte il fatto che il Papa vuole che torniamo ad essere credibili. Lui insiste molto sulla testimonianza: dare una vera testimonianza cristiana. Non solo per coloro che sono sul campo un po’ ovunque per il mondo, ma la Curia, le persone che lavorano qui, i collaboratori più vicini al Santo Padre, devono anch’essi darci una testimonianza di vita cristiana. L’ha detto parecchie volte. Bisognerà sconfiggere il carrierismo e la ricerca di potere. E il Papa vuole assolutamente che non ci si preoccupi prima dell’organizzazione ma della missione. Allora, è molto importante in questa riforma che siamo più discepoli missionari, come lui dice spesso e come leggiamo nella sua Esortazione Apostolica Evangelii gaudium.

D. – In questa Esortazione il Papa chiede un “salutare decentramento”…

R. – Oui, évidemment. C’est un travail que le Concile Vatican II …
Sì. Certo. Questo è un lavoro che il Concilio Vaticano II ha avviato già 50 anni fa. Ma sappiamo che la riforma ha bisogno di tempo. La conversione ha bisogno di tempo. E bisogna continuare in questa direzione. Mi pare che quello che stiamo vivendo con Papa Francesco sia finalmente il risultato dei grandi auspici del Vaticano II. E’ chiaro che abbiamo fatto dei passi, molti grandi passi. Ma questo è come fare un passo da gigante ed è salutare.








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