La riforma della Curia – ha detto ieri Papa Francesco in apertura del Concistoro - deve “favorire maggiore armonia nel lavoro dei vari dicasteri e uffici al fine di realizzare una più efficace collaborazione in quell’assoluta trasparenza che edifica l’autentica sinodalità e la collegialità. La riforma – ha sottolineato il Pontefice - non è fine a se stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana”, favorire “una più efficace evangelizzazione” e “incoraggiare un dialogo più costruttivo con tutti”. Sulla riforma della Curia ascoltiamo il cardinale Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec, in Canada, al microfono di Hélène Destombes:
R. – Dans les congrégations, avant le Conclave...
Nelle congregazioni, prima del Conclave, c’era già
un grande desiderio di riforma. Il Papa risponde a questo desiderio. E i cardinali
vedono che il Santo Padre ha preso seriamente in considerazione questa domanda e ci
lavora con un Consiglio di 9 porporati ma anche in maniera allargata. Consulta molto
i capi Dicastero, che danno molti suggerimenti, e anche molte altre persone sono state
consultate.
D. – Quale dovrebbe essere l’identità della Curia Romana?
R. – Une identité de service. D’abord, service
au Saint-Père …
Un’identità di servizio. Innanzitutto servizio al
Santo Padre per aiutarlo nella sua missione. Ma anche servizio alla missione della
Chiesa e alle Chiese locali. Il Papa dice che entrare nella Curia Romana non deve
significare svolgere un lavoro da dogana. L’identità della Curia deve essere quella
di aiutare la Chiesa a realizzare la sua missione.
D. - Questa riforma suscita interrogativi, entusiasmo, forse inquietudine. Cosa ha percepito tra i cardinali?
R. – Je n’ai rien perçu comme inquiétude …
Non ho percepito inquietudine. Ma non bisogna mettere
la testa sotto la sabbia. Ogni riforma suscita inquietudine. Ogni cambiamento, piccolo
che sia, provoca inquietudine, a volte paura. Questo non deve sorprendere ed è una
grande sfida. Siamo tutti cattolici, ma veniamo da tutte le parti del mondo, siamo
di differenti culture, lingue e tradizioni. Tutto questo arricchisce ciò che siamo.
Siamo di differenti generazioni. Ci sono differenti scuole di pensiero. Riunire tutto
ciò e lavorare a questa riforma che auspica il Papa e anche la Chiesa, è esigente:
ma un cambiamento è necessario! Questo è stato detto chiaramente e ci lavoreremo insieme
per arrivarci.
D. - Oggi qual è la priorità?
R. – Je sens très fort que le Saint-Père veut que
…
Sento molto forte il fatto che il Papa vuole che torniamo
ad essere credibili. Lui insiste molto sulla testimonianza: dare una vera testimonianza
cristiana. Non solo per coloro che sono sul campo un po’ ovunque per il mondo, ma
la Curia, le persone che lavorano qui, i collaboratori più vicini al Santo Padre,
devono anch’essi darci una testimonianza di vita cristiana. L’ha detto parecchie volte.
Bisognerà sconfiggere il carrierismo e la ricerca di potere. E il Papa vuole assolutamente
che non ci si preoccupi prima dell’organizzazione ma della missione. Allora, è molto
importante in questa riforma che siamo più discepoli missionari, come lui dice spesso
e come leggiamo nella sua Esortazione Apostolica Evangelii
gaudium.
D. – In questa Esortazione il Papa chiede un “salutare decentramento”…
R. – Oui, évidemment. C’est un travail que le Concile
Vatican II …
Sì. Certo. Questo è un lavoro che il Concilio Vaticano
II ha avviato già 50 anni fa. Ma sappiamo che la riforma ha bisogno di tempo. La conversione
ha bisogno di tempo. E bisogna continuare in questa direzione. Mi pare che quello
che stiamo vivendo con Papa Francesco sia finalmente il risultato dei grandi auspici
del Vaticano II. E’ chiaro che abbiamo fatto dei passi, molti grandi passi. Ma questo
è come fare un passo da gigante ed è salutare.
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