Il governo nazionale iracheno e quello regionale del Kurdistan devono “stanziare i fondi necessari per sostenere le famiglie che il Daesh (acronimo arabo con cui si indicano i jihadisti del sedicente Stato Islamico, ndr) ha cacciato dalle proprie case e privato dei loro beni”. Inoltre, tutte le “forze nazionali e internazionali” devono “unire i loro intenti per liberare al più presto i territori occupati e mettere in atto le disposizioni necessarie per proteggere i cristiani e gli altri iracheni, affinché tutti ritornino alle proprie case e vivano nella sicurezza e con dignità”. Sono questi gli appelli che il Sinodo straordinario dei vescovi caldei, convocato dal patriarca Louis Raphael Sako presso la sede patriarcale di Baghdad sabato scorso, ha rivolto ai poteri nazionali e alla comunità internazionale in merito alle emergenze umanitarie che affliggono le popolazioni dei territori conquistati dai jihadisti.
Creazione di una "Lega caldea"
Durante i lavori, il Sinodo caldeo ha anche confermato il suo sostegno al progetto
per la creazione di una “Lega caldea", da tempo caldeggiato dal patriarca e rimasto
finora in sospeso per le difficoltà e le emergenze che segnano la vita della Chiesa
caldea. A giudizio dei vescovi caldei, la Lega caldea dovrà avere il profilo di una
organizzazione civile che si configuri come ente morale autonomo, da valorizzare come
strumento per affrontare questioni politiche e sociali che coinvolgono il futuro delle
comunità caldee. I due vescovi ausiliari di Baghdad, mons. Shlemoun Wardouni e mons.Basilius
Yaldo (che ha ricevuto l'ordinazione episcopale venerdì scorso), sono stati incaricati
dal Sinodo di preparare la conferenza di fondazione della Lega.
Il caso dei religiosi che hanno abbandonato le diocesi caldee
Il Sinodo caldeo ha preso in considerazione anche alcuni problemi di ordine ecclesiale,
a partire dal contrasto registratosi negli ultimi mesi tra il patriarca e il vescovo
che guida la diocesi caldea di San Pietro, con sede a San Diego in California. A provocare
discussioni è stato il caso di alcuni sacerdoti e religiosi che negli anni passati,
senza il consenso dei loro superiori, avevano abbandonato le diocesi irachene d'appartenenza
per trasferirsi presso le diocesi d'oltremare, e adesso si sottraggono alle disposizioni
del patriarca che chiede loro di tornare a svolgere in Iraq il proprio ministero pastorale. I vescovi del Sinodo – riferisce il comunicato finale pervenuto
all'agenzia Fides - hanno richiamato tutti i fedeli delle diocesi interessate a “attenersi
ai principi fondamentali della propria fede, a rimanere fedeli alla propria Chiesa
caldea e a dare priorità alla saggezza e all'amore”.
La Chiesa al fianco dei cristiani perseguitati
in Iraq
Riguardo alle decine di migliaia di cristiani costretti a fuggire dalla Piana di Ninive
davanti all'offensiva dei jihadisti e ora rifugiati nel Kurdistan iracheno, il Sinodo
ha riaffermato che la Chiesa caldea “rimarrà al fianco del nostro popolo sofferente”,
impiegando tutte le risorse a disposizione per “servirlo, sollevare il suo spirito
e seminare la speranza nei cuori”.
La commemorazione dei "martiri caldei"
Inoltre, a 100 anni dal cosiddetto “Olocausto assiro” - espressione con cui si indicano
le deportazioni e i massacri perpetrati nel 1915 dai Giovani Turchi sulle popolazioni
cristiane assire, sire e caldee – il Sinodo caldeo ha stabilito che i martiri caldei
saranno commemorati ogni anno nel Venerdì dopo Pasqua, in quello che d'ora in poi
sarà conociuto come il “Venerdì dei martiri e dei confessori della fede”. (G.V.)
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