2015-02-09 13:27:00

Banca Hsbc indagata per rete di evasione fiscale mondiale


E' scontro politico nel Regno Unito per lo scandalo della Banca Hsbc, secondo gruppo bancario mondiale, che avrebbe aiutato, attraverso la sua filiale svizzera HSBC Private Bank, centinaia di suoi clienti "Vip" in tutto il mondo a evadere 180 miliardi di tasse nel biennio 2005-2007. Il leader del Labour, Ed Miliband, chiede al governo Cameron chiarimenti sul ruolo dell'Agenzia delle entrate e sulla nomina a sottosegretario al Commercio dell'ex presidente della Banca al centro dello scandalo. Lo scandalo emerge dall’inchiesta del quotidiano francese Le Monde, che parla di un vasto sistema di evasione fiscale. Di questa sorta di "globalizzazione dell’evasione", Fausta Speranza ha parlato con Federico Rasi, docente di Diritto tributario internazionale:

R.  – La particolarità di questo caso è che è stato allargato a dismisura il numero dei Paesi che sono coinvolti ma, nonostante ci sia un numero così ampio, sembra che il canale per l’evasione fiscale sia stato per così tante persone il medesimo. Non è un caso che a livello internazionale si discuta da tempo di evasione fiscale, di canale bancario: è un’urgenza avvertita a tutti i livelli.

D.  – Che cosa può significare se il problema dell’evasione fiscale non è più questione interna a un Paese, ma diventa un fatto internazionale?

R. – Significa che ci sono per ogni singolo Paese complicazioni molto più elevate per poter riuscire a scoprire, a risolvere questi casi. Occorre intervenire, avere informazioni dal primo Paese nel quale le somme sono transitate in altri Stati, tipicamente "paradisi fiscali", dove esistono società, costruzioni e dove l’opacità di questi Paesi rende difficile avere queste informazioni. Ma è un tema di cui da molti anni si sta discutendo a livello Ocse o di Unione Europea. Non a caso, paradisi fiscali oggi non sono tanto i Paesi che hanno un’aliquota di tassazione piuttosto bassa, ma sono i Paesi che non scambiano informazioni.

D. – Abbiamo pensato spesso alle banche come a un potere forte, ma alle banche in qualche modo “complici” dell’evasione fiscale non pensavamo…

R. – Esistono per le banche una serie di obblighi, di presidi, per sapere dal cliente come ha ottenuto le somme, e questi presidi, questo soglie, sono state mano a mano elevate. Quindi, c’è un onere dei governanti di prevedere soglie sempre più stringenti e un dovere assolutamente inderogabile per le banche di applicarle nella maniera più corretta possibile. In questo caso, si dovrà vedere le eventuali responsabilità o meno delle banche. A livello europeo, è proprio di qualche anno fa una raccomandazione dell’Ue che invita gli Stati membri a prendere iniziative per questo. Abbiamo modifiche normative discusse e approvate proprio nel gennaio di quest’anno su problemi di tassazione internazionale. E vi è anche qui un dibattito sul cercare di contrastare questo tipo di comportamenti. Le somme che possono essere in questi conti, di cui oggi noi leggiamo, possono essere frutto di evasione fiscale quanto possono essere frutto di elusioni fiscali e aggiramenti.

D. – Globalizzazione dell’evasione fiscale ma ci viene subito in mente che le leggi a proposito di fisco sono le più diverse nei Paesi, giusto?

R. – Assolutamente, sì. Ogni Paese ha una sua normativa tributaria, quindi l’evasore in Italia non rispetterà certe regole, l’evasore in altri Paesi non ne rispetterà altre. Ma in ogni caso c’è evasione o elusione. E c’è un tentativo da parte degli Stati sempre più forte di globalizzazione, di uniformazione dei principi per contrastare questa evasione. Parliamo di "common reporting standard", quindi di un meccanismo per scambiare le informazioni effettivamente unico. Questa è attualmente l’arma più importante per contrastare i fenomeni che oggi leggiamo sui giornali.








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