La Nigeria ha deciso di rinviare al 28 marzo le elezioni presidenziali e legislative, inizialmente fissate per il 14 febbraio. La decisione è stata presa dalla Commissione elettorale nazionale per motivi di sicurezza, a causa delle violenze degli estremisti islamici Boko Haram. In questo quadro, i cinque Paesi africani che formano la forza multinazionale per la lotta ai miliziani - Benin, Camerun, Niger, Nigeria e Ciad - hanno deciso di mobilitare 8.700 uomini. Intanto sono trascorsi 300 giorni dal sequestro delle oltre duecento ragazze rapite dai Boko Haram: la premio Nobel per la Pace, Malala Yousafzai, ha lanciato un appello ad un’azione urgente per la loro liberazione.
Sul terreno, però, i Boko Haram continuano a colpire, anche oltre i confini nigeriani. E’ di almeno un morto e più di 10 feriti il bilancio di un attacco kamikaze avvenuto nel sud del Niger. Proprio in questo Paese, il 16 e il 17 gennaio scorso, decine di chiese erano state bruciate dopo la strage nella redazione di ‘Charlie Hebdo’ a Parigi. Ma come ha vissuto la comunità cristiana questi attacchi? Michele Raviart lo ha chiesto a mons. Ambroise Ouèdraogo, vescovo di Maradì, città nel sud del Niger:
R. – Nous étions en Conférence épiscopale au Burkina
et nous avions entendu les appels…
Eravamo in Burkina Faso per la Conferenza episcopale.
Abbiamo ascoltato gli appelli che incalzavano dal Niger e dalle nostre comunità cristiane
e siamo partiti di corsa per tornare a casa. E già il 16 gennaio, nella mia diocesi,
a Maradi, si è riversata la furia di giovani musulmani che hanno saccheggiato la parrocchia
di Zinder, che è sotto la protezione di Santa Teresa del Bambino Gesù. Questa parrocchia
esiste da 75 anni, cioè fin dall’inizio dell’evangelizzazione e quest’anno a Zinder
si celebrava il giubileo... Quanto accaduto ci ha veramente sconvolto, traumatizzato.
Tutte le strutture della parrocchia di Zinder sono state saccheggiate, bruciate, distrutte,
non rimangono che pietre e cenere. Quando vedi questo, ti fa male il cuore.
D. – Conoscevate chi ha distrutto la chiesa?
R. – Hommes et des femmes, des jeunes, avec qui on avait vecu ensemble, pendant
des années …
Uomini e donne, giovani, con i quali abbiamo vissuto insieme per anni, con alcuni
per oltre 75 anni. Quando si fa una festa, vengono a trovarci, quando la festa la
fanno loro, siamo noi ad andare a trovarli. E ogni anno – ogni anno! – quando loro
festeggiano il Ramadan, la festa musulmana, i vescovi inviano loro messaggi di pace,
di gioia, di amicizia e viceversa loro vengono ad augurarci buon Natale. E poi, all’improvviso,
ecco che il 16 e il 17 gennaio tutto è crollato, come se tutto quello che avevamo
fatto fino ad allora non fosse stato nulla…
D. – Quindi, c’era solidarietà con la comunità musulmana…
R. – Tout à fait! Nous vivions en solidarité; nos écoles sono fréquentées par 99
pour cent de…
Certamente! Noi vivevamo in solidarietà; le nostre scuole sono frequentate al 99 per
cento da musulmani; il direttore della Caritas del Niger a Niamey è un musulmano,
ma è un musulmano che vive secondo la visione cristiana, che l’ha adottata e che sa
quello che fa. E i nostri progetti sono a beneficio degli uomini e delle donne nei
villaggi, che sono tutti musulmani. Noi non facciamo distinzione: è tutto fatto per
vivere la carità cristiana, per aiutare i poveri. Credo che questi drammi che ci sono
successi ci interpellino profondamente. Noi possiamo andare incontro ai musulmani
per dialogare insieme, incontrarci e dire: “Ecco, questo è quello che facciamo: cosa
volete fare? Ci amate o non ci amate? Fatto sta che noi amiamo voi e vi amiamo sempre
e lo stesso, nonostante quello che avete fatto”. Dopo le distruzioni abbiamo inviato
un messaggio a tutti i nigerini in cui dicevamo: “E’ vero che le nostre chiese sono
state bruciate, ma il nostro cuore, la nostra fede non è stata bruciata. E la nostra
fede arde d’amore per voi, ancora, perché la nostra fede lo esige: ‘Amatevi gli uni
gli altri, come io ho amato voi. Perdonate. Perdonate!’.
D. – Avete sentito la vicinanza di Papa Francesco?
R. – Nous avons reçu une lettre du Pape qui nous soutient dans notre douleur. J’ai
beaucoup …
Abbiamo ricevuto una lettera di Papa Francesco che ci sostiene nel nostro dolore.
Io ho grande ammirazione per il Pontefice: ha parole giuste, semplici, profonde che
ti rimettono sulla strada della solidarietà, dell’amore, della prossimità. Noi dobbiamo
gettare ponti tra gli uomini, tra l’islam e il cristianesimo. Dobbiamo essere uomini
costruttori di ponti, non uomini che erigono barriere! Vorrei dire al Papa: “Grazie,
grazie per la sua preghiera e per il suo supporto”. So che nel suo cuore c’è posto
per tutta l’umanità e credo che abbia grande compassione per chi soffre.
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