2015-02-07 13:43:00

Veglia di preghiera a Roma per le vittime della tratta


“Accendi una luce contro la tratta” è il tema della veglia di preghiera che si è svolta ieri sera a Roma nella Basilica dei Santi Apostoli, in occasione della prima Giornata Internazionale di preghiera e di riflessione contro la tratta che si celebra questa domenica, festa di Santa Giuseppina Bakita, che conobbe le sofferenze della schiavitù. L’incontro è stato promosso da diverse realtà del volontariato che si occupano delle vittime di questa piaga e dai Pontifici Consigli per i Migranti e Giustizia e Pace. Il servizio di Marina Tomarro: 

Gloria viene dalla Nigeria ha 25 anni, lo sguardo triste e il corpo segnato da cicatrici fisiche e psicologiche. Gloria è una delle migliaia di vittime della tratta sessuale che nella veglia di preghiera “Accendi una luce contro la tratta” ha voluto spezzare per sempre quella catena che l’ha tenuta prigioniera per anni nel corpo e nello spirito. Nel mondo sono oltre 21 milioni le vittime della tratta umana. Giovanni Paolo Ramonda responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII:

R. - C’è la schiavitù del lavoro, la schiavitù dei minori che vengono rapiti per la vendita degli organi, la schiavitù della prostituzione sessuale, con molte donne minorenni, anche in stato di gravidanza. Cioè, il crimine si sta organizzando in modo incredibile. Per cui, bisogna unire le forze per metterci a lavorare insieme, perché la dignità non si tratta, bisogna difenderla fino alla fine.

D.- In che modo riuscite ad avvicinare queste persone che sono cadute in questo giro così orrendo?

R. - Venti anni fa don Oreste ha incominciato proprio lui a uscire e ad a incontrarle sulla strada. Ancora oggi abbiamo ormai decine di gruppi di giovani che ogni settimana escono e incontrano queste ragazze. Quando loro acquistano fiducia e capiscono che ci sono persone che gli vogliono bene sul serio, allora rischiano, perché sono minacciate loro e le loro famiglie, ma quando vedono che ci sono comunità di vita che si affiancano a loro, dicono di sì, vengono via dalla strada. Sono state 7 mila in venti anni le ragazze liberate dalla Comunità Papa Giovanni e adesso circa 400 vivono con noi.

Importantissimo diventa allora il lavoro di rete tra le associazioni di volontariato, la Chiesa, le istituzioni e le forze dell' ordine. Ascoltiamo ancora Giovanni Paolo Ramonda:

R. - E’ fondamentale un lavoro di rete. Proprio perché il crimine è organizzato è scaltro, molto scaltro, per cui c’è la necessità di lavorare tra le forze dell’ordine, la questura, le prefetture, le associazioni di volontariato, la Chiesa. Però, uniti si può vincere. Tante piccole luci formano un popolo che cammina e che accende una speranza nuova, in questa umanità che è molto disperata.

Nella veglia anche tante storie dove il dolore è riuscito a diventare speranza di un domani migliore, come quella di Daniel, un giovane del Ghana, vittima del lavoro forzato in Libia, ma una volta arrivato in Italia ha ripreso gli studi e adesso sogna di tornare un giorno nella sua terra africana per dare una mano a renderla migliore. Ascoltiamo il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

R. - Noi siamo stati tutti creati con la dignità, la nostra dignità. Invece ci sono diverse situazioni che la negano o la tolgono, ci sono tantissime minacce in questo senso. L’importanza di questo evento consiste nel fatto che questo fenomeno non è per niente sparito. Con l’abolizione della schiavitù abbiamo pensato che fosse un fenomeno finito ma non lo è per niente. Ci sono forme molto sottili di questo fenomeno al giorno d’oggi: persone finite in schiavitù e vendute, gente che lavora senza contratto e i bambini soldato, un caso molto crudele, brutale, che non si può giustificare in nessun modo.

D.- Eminenza, in che modo la Chiesa accoglie e cerca di aiutare questi fratelli?

R. – Lasciandosi muovere innanzitutto dal Vangelo che libera. Gesù stesso ha parlato di liberazione come uno dei suoi grandi compiti. Così, ispirati da questo, noi membri della Chiesa siamo i primi portatori di questo messaggio. Ci sono anche tante suore che testimoniano questo. Ma ognuno può farlo. Ad esempio la polizia e le forze dell’ordine che con i vescovi dell’Inghilterra sono scesi in campo contro la tratta delle persone. E poi c’è anche gente semplice. Come quel ragazzo del Ghana che è stato anche lui schiavizzato, ma poi  ha trovato la sua libertà e ha creato una piccola fondazione per aiutare altri bambini che sono ancora in schiavitù. Ognuno secondo le proprie competenze può fare qualcosa.








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