2015-02-06 19:52:00

Le pressioni franco-tedesche su Putin per la pace in Ucraina


Difendere la pace in Europa: è il piano di Germania e Francia impegnate in queste ore in un pressing diplomatico per fermare il conflitto in Ucraina. La cancelliera Merkel e il presidente francese Hollande a colloquio stasera con il presidente russo Putin, dopo la tappa di ieri a Kiev, per arrivare ad un cessate il fuoco immediato, così come chiesto anche dal segretario della Nato, Stoltenberg. Francesca Sabatinelli:

La tregua non è scontata aveva detto stamattina prima di lasciare Berlino la cancelliera Merkel, che ora a Mosca, assieme al presidente Hollande, incontrando Vladimir Putin, tenta la seconda fase della missione di pace dopo quella di ieri, a Kiev, dove i due hanno incontrato Poroshenko, che non ha nascosto di riporre speranze nell’azione franco-tedesca.  Obiettivo è mettere fine subito allo spargimento di sangue e dare una svolta diplomatica al conflitto in corso. Del piano poco è trapelato, ma secondo alcuni osservatori potrebbe prevedere il congelamento del conflitto con il dispiegamento di una forza di pace come in Transnistria, la regione separatista moldava. I tempi sono però corti, e se la pace non dovesse decollare diversi Paesi, tra i quali gli Usa, potrebbero decidere di fornire armi all’Ucraina. Nel frattempo la guerra continua a mietere vittime, una sessantina i separatisti morti nelle ultime ore, mentre in aiuto ai civili è arrivata l’apertura di un corridoio umanitario tra Donetsk e Lugansk, e oggi circa tremila persone sono state fatte evacuare, tra loro 700 bambini. 

L'evacuazione di quella zona è una buona notizia: così Medici Senza Frontiere commenta l'apertura di un corridoio umanitario. Eugenio Bonanata ha intervistato Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia:

R. – La zona di Debaltseve è una delle zone più critiche del conflitto e del fronte; è una cittadina di poco meno di 30 mila abitanti, all’incrocio tra due importanti arterie stradali e ferroviarie del Paese, e per questa ragione pesantemente bombardata nell’ultimo periodo. La gran parte della popolazione aveva già abbandonato la città, ma c’è comunque una parte che è rimasta che era difficilmente raggiungibile e quindi a forte rischio. Il fatto di assicurare alla popolazione civile di mettersi al sicuro, è una delle due richieste più pressanti che Medici senza Frontiere sta facendo alle parti in conflitto. L’altra richiesta è quella di interrompere ogni forma di bombardamento a strutture ospedaliere, cosa che purtroppo è avvenuta molto frequentemente e non più di due giorni fa a Donetsk, e più in generale di interrompere bombardamenti o attacchi che prendano di mira civili.

D. – Qual è la situazione umanitaria nel Paese?

R. – Noi abbiamo, in questo momento, cinque squadre attive in maniera mobile sul territorio, lungo la linea del fronte, e abbiamo portato assistenza, supportando in vario modo circa 100 strutture mediche, da grandi ospedali a strutture più piccole, magari in zone più remote. Quello che vediamo sono situazioni in cui ci sono strutture che purtroppo non sono più funzionanti, di nuovo a Debaltseve ma non solo: è uno di questi casi è l’ospedale di Marinka che è stato colpito da bombardamenti e quindi in parte non è più attivo. Un altro problema enorme che stiamo verificando è una crescente mancanza di farmaci: mancano farmaci salvavita, mancano – purtroppo – anestetici … Un terzo tipo di attività che prestiamo in questo momento è anche il supporto psicologico alla popolazione, sia ai singoli sia a livello di gruppo, perché è una popolazione segnata da ormai dieci mesi di conflitto pesantissimo.

D. – Cosa dire del flusso di civili che ogni giorno si reca presso gli ospedali?

R. – Purtroppo di sono stati anche bombardamenti che hanno preso di mira persone in fila che erano in attesa di ricevere aiuti umanitari, aiuti di carattere sanitario ma non solo: anche distribuzione di cibo, perché ci sono ampie zone in cui manca il cibo; e distribuzione di coperte o comunque di altri beni che possano essere utili in questo contesto. Non vorrei neanche dimenticare un’altra particolarità importante di quella zona: la zona dell’Est dell’Ucraina nella quale c’è un numero percentualmente molto rilevante di sieropositivi e c’è un’incidenza anche molto rilevante di affetti da tubercolosi, in particolare tubercolosi multiresistente, ovvero tubercolosi che resiste al trattamento attraverso i farmaci tradizionali. Quindi è veramente una situazione estremamente complessa che – anche questo non va dimenticato – ha fatto fino a oggi 5 mila vittime, oltre 11 mila feriti e si stima che 600 mila persone abbiano lasciato l’Ucraina a causa di questa guerra, e che ce ne sia quasi un milione, invece, che ha dovuto spostarsi all’interno del Paese, quindi sfollati interni, che hanno comunque dovuto lasciare le loro case a causa del conflitto per trovare rifugio altrove.

D. – Cosa vi aspettate dalla diplomazia?

R. – Per noi l’aspetto fondamentale è che le parti in conflitto riconoscano il diritto di un’organizzazione come Msf a operare, dal punto di vista medico-umanitario, nelle zone di conflitto stesse, e con Msf naturalmente le altre organizzazioni – non molte, purtroppo – ma quelle che sono presenti in quell’area. Questo per noi vuol dire cessare ogni tipo di bombardamento e attacco a obiettivi civili e in particolare cessare gli attacchi agli ospedali e consentire alla popolazione civile di raggiungere posti sicuri.








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