2015-02-06 13:49:00

Birmania, studenti in piazza contro legge su educazione


Continuano in Birmania le manifestazioni di piazza degli studenti contro la nuova legge sull’educazione approvata dal parlamento. Nonostante il presidente Thein Sein abbia rimandato il testo alle Camere, chiedendo di recepire alcune istanze degli studenti, altre università si sono aggiunte ai cortei organizzati nel Paese. Ma quali sono le specifiche richieste degli studenti birmani? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Cecilia Brighi, segretario generale dell’Associazione “Italia-Birmania insieme”:

R. – La più grande preoccupazione degli studenti, a mio avviso, riguarda l’istituzione di una Commissione nazionale per l’educazione. Ritengono che questa Commissione abbia lo scopo di controllare i sistemi educativi delle singole scuole e vogliono una maggiore autonomia. Vogliono il riconoscimento dei sindacati degli studenti e delle organizzazioni degli studenti. E poi, ovviamente, chiedono che non ci siano restrizioni nei confronti di chi ha partecipato alle manifestazioni.

D. – Come vanno lette queste proteste nel quadro delle riforme democratiche che il governo birmano sta mettendo in atto dalla fine della dittatura militare?

R. – Il governo di Thein Sein ha proposto una serie di riforme che dovevano portare ad una maggiore democratizzazione di tutte le strutture. Penso che il presidente Thein Sein abbia fatto dei passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda questa riforma. Gli studenti sono chiaramente preoccupati del fatto che ci possa essere un controllo e una gestione molto verticistica delle attività nelle scuole e nelle università. Il sistema scolastico birmano prima della dittatura era uno dei migliori del Sudest asiatico, anzi, diciamo il migliore. Poi, con la dittatura molte delle università sono state chiuse – l’Università Rangoon ha riaperto solo lo scorso anno – quindi c’è la necessità di riconquistare degli spazi democratici di partecipazione per gli studenti e di riconquistare una fiducia reciproca. Questo è, secondo me, un problema importante non solo per gli studenti ma anche per le altre forze intermedie sociali del Paese.

D. – Il prossimo novembre la Birmania andrà al voto per eleggere il nuovo presidente. In questi giorni è in discussione un disegno di legge di modifica della Costituzione, secondo il quale, al momento, la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi non potrà concorrere alle presidenziali…

R. – Sì, la Costituzione del 2008, scritta dalla giunta militare, impedisce ad Aung San Sun Kyi – in quanto sposata con uno straniero e madre di due figli che non hanno cittadinanza birmana – di candidarsi a presidente. Il parlamento birmano discuterà a breve il disegno di legge con le proposte di verifica della Costituzione, in particolare la sezione che riguarda questo aspetto specifico. Però, questi emendamenti saranno soggetti a un referendum che avrà luogo dopo le elezioni e non è sicuro che passino, perché il parlamento è composto per il 25% da militari nominati. Il partito di governo ha avuto l’80% dei seggi ed era l’ex associazione paramilitare birmana… Quindi, il parlamento è in mano ai militari e all’ex partito della giunta. È dunque difficile che queste modifiche passino. C’è anche questa discussione del disegno di legge che limita la libertà religiosa e la protezione della razza, rispetto alla quale tutte le ambasciate dei Paesi membri dell’Unione Europea hanno fatto una dichiarazione congiunta criticando pesantemente questo clima e questi disegni di legge.








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