2015-02-03 13:30:00

Siria. Soluzione politica possibile, Is fattore dirompente


I quattro anni di guerra in Siria, con 200 mila morti e oltre sette milioni di sfollati, dimostrano che l’unica soluzione perseguibile è quella politica con un accordo condiviso da tutte le parti in causa. Così, ieri, l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la crisi siriana, Staffan De Mistura, in audizione al Parlamento europeo, a cui ha chiesto aiuto. Ma c’è ancora spazio per il dialogo tra le parti? Roberta Barbi lo ha domandato a Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa:

R. – C’è spazio per il dialogo tra le parti, se non altro per la stanchezza che comunque tutte le parti cominciano a mostrare in quella che è una carneficina mai vista negli ultimi anni. Il punto qual è? È che nonostante centinaia di migliaia di morti, centinaia di migliaia di sfollati, le posizioni dei contendenti restano grosso modo sostanzialmente le stesse. Per cui, io non sottovaluterei questo effetto, ovvero l’effetto stanchezza, per cui a un certo punto le parti in qualche misura possano essere ricondotte a un tavolo politico, negoziale e diplomatico.

D. – A questo tavolo dovrebbe sedere anche Assad. Quali le conseguenze se lo si escludesse?

R. – Credo sia una questione di realtà e di realismo politico. Assad oggi, comunque, ha una posizione solida nel Paese: controlla Damasco e altre importanti città della Siria. Al momento, pensare di escludere Assad da un eventuale processo diplomatico mi sembra fuori della realtà politica. La questione siriana, dopo tre anni in cui si è parlato un po’ troppo di come il mondo dovrebbe essere, bisogna iniziare ad affrontarla da un’altra ottica: dal "canovaccio" che abbiamo.

D. – Sono ancora attuali i rischi di espansione del conflitto dall’area mediorientale?

R. – Penso che peggio di così non possa andare, in sostanza. La guerra civile siriana ha già tracimato nel vicino Iraq. L’avanzata di Is non è che una conseguenza del calderone siriano, della guerra civile siriana. In Libano, al momento, la situazione credo possa restare sotto controllo, vuoi per la presenza della missione Unifil, vuoi per la disciplina di Israele e Hezbollah, di cui abbiamo avuto l’ultima dimostrazione la settimana scorsa con gli scontri nel territorio delle fattorie di Sheba e sul Golan, che comunque non si sono tradotti, poi, in un’escalation. Al momento il Libano potrebbe anche scamparla.

D. – In questo quadro, la presenza dell’Is come complica le cose?

R. – Le complica dal momento che lo Stato islamico è un attore che difficilmente può essere ricondotto a un tavolo negoziale. Da questo punto di vista, è un attore poco malleabile, essendo una realtà, un’organizzazione la cui "agenda" - si sarebbe detto una volta, per usare un eufemismo - è assolutamente massimalista. Credo che in qualche misura il problema di Is debba essere risolto. Una volta risolto questo, si può iniziare a ragionare, per cui da questo punto di vista immagino che i tempi siano ancora lunghi. Non dimentichiamoci che tra i cosiddetti ribelli siriani ci sono altri gruppi, tipo al-Nusra, che altro non sono che l’emanazione ufficiale di al-Qaeda in Siria. Ho la sensazione che anche trattare con questi sia un mero esercizio di retorica.








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