2015-02-03 07:47:00

In Ucraina orientale, ancora episodi di violenza


In Ucraina orientale proseguono senza sosta gli episodi di violenza, mentre stentano ad arrivare soluzioni diplomatiche. Gli Stati Uniti negano che stanno valutando l’invio di armi a Kiev e rimarcano che la via da seguire rimane quella diplomatica. Intanto Amnesty International parla di massacri sia da parte di Kiev e i separatisti filorussi. Giuseppe D’Amato 

Potrebbero già essere 7mila i morti del dramma ucraino. Questa è l’ultima stima delle Repubbliche separatiste. Il bilancio delle Nazioni Unite è fermo a 5mila, ma gli scontri di questi giorni sono stati durissimi e lontani dalla stampa internazionale.  Un cospicuo contingente ucraino è circondato nella cittadina di Debaltsevo, da cui i civili sono stati evacuati. Si teme un massacro. Kiev ha richiamato altri giovani alle armi; i separatisti rispondono che presto avranno altri 100mila uomini.  Alla Rada i partiti filo-occidentali chiedono che le Nazioni Unite dislochino una forza di interposizione al confine con la Russia. Le altre compagini spingono per riaprire la via diplomatica. Gli ultimi colloqui a Minsk non hanno dato risultati. I separatisti pretendono che Kiev sostituisca il suo rappresentante, l’ex presidente Kuchma.  Resta aperto il nodo sulla fornitura di armi agli ucraini.  Berlino ha apertamente già detto di “no”. Durissima la reazione di Mosca.
 

Della fragilità della tregua, entrata in vigore a settembre, Fausta Speranza ha parlato con Aldo Ferrari, studioso di Russia e Europa orientale all’Università Ca’ Foscari di Venezia:

R. - È abbastanza difficile capirlo. È probabile che nessuna delle due parti accetti lo status quo: la tregua regge se le due parti sono soddisfatte o per lo meno sono costrette ad accettarla. Purtroppo non è così, perché Kiev si sente - ed è - appoggiata, spalleggiata, finanziata e addestrata dall’Occidente e i separatisti si sentono, e sono appoggiati fortemente, dalla Russia. Quindi, entrambe le parti si sentono sufficientemente forti da rompere l’equilibrio che una tregua in qualche maniera sancisce. Questo è il problema: se i separatisti non hanno la forza di sconfiggere l’esercito ucraino, né gli ucraini hanno la possibilità di battere quello russo, tutto dipende in realtà dagli eventi e dai fattori esterni. Quella che si sta combattendo oggi è essenzialmente una tragica guerra, ma è anche una partita a scacchi tra la Russia, l’Ucraina e l’Occidente.

D. - Sembrerebbe che l’Europa sia stata molto distratta dai fatti di terrorismo e la Russia invece dalle questioni interne economiche. È così?

R. - L’Europa, l’Occidente devono confrontarsi con il terrorismo, ma anche la Russia ha un problema simile, non è immune. La presenza di una forte componente musulmana, i gravi problemi di questo tipo che ha sul Caucaso, la fanno interessata e partecipe al problema del terrorismo internazionale, anzi questo potrebbe essere uno spunto per provare a riprendere i contatti tra la Russia e l’Occidente. La Russia in più ha una crisi economica forte che sta aumentando, che sta gravando in larga misura a causa delle sanzioni occidentali, ma più ancora per il crollo del prezzo del petrolio. Quindi, entrambe le parti hanno i loro problemi. L’Ucraina - se vogliamo - ne ha ancora di più: è un Paese economicamente al collasso che non può permettersi assolutamente una guerra, non è in grado di combattere questa guerra. Questo è un aspetto secondo me molto particolare, molto negativo, ma che potrebbe diventare un inizio di soluzione. Gli ucraini possono combattere questa guerra soltanto se l’Occidente li appoggia, li spalleggia. Questo non vuol dire che bisogna accettare quello che la Russia ha fatto. E’ evidente che la Russia ha violato la legge internazionale, ha aggredito o aiutato i separatisti a mettere in crisi la sovranità nazionale ucraina. Però, c’è una possibilità di soluzione di questo conflitto, perché l’Ucraina non è in grado da sola di combattere.

D. - Il New York Times ipotizza l’intervento della Nato, a questo punto, per fornire armi di difesa e attrezzatura alle forzea di Kiev. È pensabile? Sarebbe ragionevole?

R. - Spero che francamente non si arrivi a questo. L’Ucraina non è parte della Nato, non è membro. Aiutarlo in questa maniera peggiorerebbe ulteriormente la situazione. Bisognerebbe piuttosto trovare un punto di incontro tra la prospettiva separatista e l’Ucraina. Appoggiandola in maniera così intensa, evidentemente noi spingiamo l’Ucraina alla guerra. E lo facciamo per punire la Russia per il suo comportamento aggressivo, ma non credo che ci guadagni nessuno. Non ci guadagna sicuramente la Russia che ne sarà colpita, non guadagna l’Ucraina che si troverà coinvolta in un conflitto più grande di lei, non ci guadagna neanche l’Europa che dal peggioramento delle relazioni politiche ed economiche con la Russia ha soltanto da perdere. Se vogliamo, ci guadagnano solo i cinesi.

D. - Perché ci guadagnano i cinesi?

R. - Perché la Russia, in rotta con l’Occidente, sarà costretta - ma in parte lo è già stata perchè ha già firmato due grandi contratti di utenze del gas - a trovare altri fornitori di gas e li troverà in primo luogo in Cina. L’avvicinamento economico è quasi sempre un avvicinamento politico e strategico. Rischiamo di vedere la Russia allontanarsi ulteriormente dall’Europa e dall’Occidente e avvicinarsi ancor più alla Cina che dell’Occidente, e in particolare degli Stati Uniti, è il principale competitore del 21.mo secolo.

 








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