2015-01-31 10:26:00

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica


Nella quarta domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù insegna nella sinagoga di Cafarnao e tutti erano stupiti perché insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. C’è lì un uomo posseduto da uno spirito impuro che gli grida contro. Gesù dice:

«Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti:

C’è una pagina del Vaticano II che può essere posta qui come commento al Vangelo di oggi: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto” (Dei Verbum, 2). È proprio ciò che Marco racconta nel Vangelo di oggi: l’amore di Dio si manifesta nella parola del Signore, pronunciata con autorità – non le chiacchiere vuote di giornali e televisioni, ed anche nostre –, una parola che opera, che libera chi è vittima del male, che lo strappa dal potere del Maligno per restituirlo alla sua dignità, alla sua libertà di figlio di Dio. “Taci, esci da lui!”. Anche oggi siamo invitati a incontrare, nella Liturgia, il Signore che viene con la sua parola, detta con autorità, per liberarci dal potere del Maligno che si insinua dentro di noi per strapparci il dono del battesimo.








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