2015-01-23 11:33:00

Francesco: la famiglia "prima scuola di comunicazione"


E’ nella famiglia che si insegna e si impara a comunicare. E’ il cuore del messaggio del Papa, presentato oggi,  in occasione della 49.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali dal tema “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore” che si celebra il prossimo 17 maggio. Servizio di Francesca Sabatinelli:

E’ partendo dai due Sinodi sulla famiglia, quello straordinario, nell’ottobre scorso, e quello ordinario, il prossimo ottobre, che il Papa articola il suo Messaggio fondato sulla famiglia “primo luogo dove impariamo a comunicare” spiega Francesco, sin dal grembo materno “prima ‘scuola’ di comunicazione fatta di ascolto e contatto corporeo”.

La famiglia scuola di perdono
L’incontro mamma-bambino è “la nostra prima esperienza di comunicazione” che accomuna tutti.  E’ in famiglia che si impara a parlare, ad usare le parole, ed è in famiglia che si trasmette la preghiera, “dimensione religiosa della comunicazione”. In famiglia, scrive il Papa, si capisce “che cosa è veramente la comunicazione come scoperta e costruzione di prossimità”. E’ la famiglia, inoltre, che “diventa una scuola di perdono”,  perché è laddove volendosi bene che si sperimentano limiti “propri e altrui”. “Non esiste la famiglia perfetta, dice il Papa, ma non bisogna avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva”.

Messaggio per le famiglie disabili
Anche il perdono “è una dinamica di comunicazione”, attraverso la quale il bambino che impara “ad ascoltare gli altri, a parlare in modo rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di riconciliazione”. Francesco richiama l’esperienza delle famiglie con figli disabili, il deficit può indurre a chiudersi, ma con l’amore della famiglia, così come degli amici, può diventare “stimolo ad aprirsi, a condividere, a comunicare in modo inclusivo; e può aiutare la scuola, la parrocchia, le associazioni a diventare più accoglienti verso tutti, a non escludere nessuno”.

Famiglia: scuola di comunicazione come benedizione
Anche in un mondo dove le chiacchiere e le maldicenze inquinano, “la famiglia può essere una scuola di comunicazione come benedizione”. Anche quando possono prevalere odio e violenza, quando “le famiglie sono separate tra loro da muri” anche dettati da pregiudizio e risentimento, è allora che benedire, visitare e accogliere diventano il modo per “testimoniare che il bene è sempre possibile, per educare i figli alla fratellanza”.

I media devono sempre rendere possibile l'incontro
Francesco si sofferma sui mezzi di comunicazione per eccellenza, i media oggi “ormai irrinunciabili” che possono ostacolare la comunicazione, in famiglia e tra famiglie, se significano “sottrarsi all’ascolto, isolarsi dalla compresenza fisica” ma possono anche favorirla se “aiutano a raccontare e condividere, a restare in contatto con i lontani, a ringraziare e chiedere perdono, a rendere sempre di nuovo possibile l’incontro”. E’ così che si potrà orientare il proprio rapporto con le tecnologie anziché farsi “guidare da esse”.

La famiglia non è un terreno per combattere battaglie ideologiche
I genitori sono i primi educatori, spiega il Papa, ma vanno affiancati dalla comunità cristiana perché “sappiano insegnare ai figli a vivere nell’ambiente comunicativo secondo i criteri della dignità della persona umana e del bene comune”. Ed ecco che si arriva alle sfide di oggi: “reimparare a raccontare, non semplicemente produrre e consumare informazione”, che spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse, anche schierandosi, “anziché favorire uno sguardo d’insieme”. La famiglia, è la conclusione, “non è un oggetto sul quale si comunicano delle opinioni o un terreno sul quale combattere battaglie ideologiche, ma un ambiente in cui si impara a comunicare nella prossimità e un soggetto che comunica, una ‘comunità comunicante’”.

Famiglia: luogo dove imparare a comunicare l'amore ricevuto e donato
La famiglia “continua ad essere una grande risorsa, e non solo un problema o un’istituzione in crisi”, aldilà di come tendono a volte a presentarla i media, quasi fosse un modello “astratto da accettare o rifiutare, da difendere o attaccare, invece che una realtà concreta da vivere; o come se fosse un’ideologia di qualcuno contro qualcun altro, invece che il luogo dove tutti impariamo che cosa significa comunicare nell’amore ricevuto e donato”. La famiglia più bella “è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli”. “Non lottiamo per difendere il passato, è la conclusione, ma anche il richiamo del Papa, ma lavoriamo con pazienza e fiducia, in tutti gli ambienti che quotidianamente abitiamo, per costruire il futuro”.

E’ un messaggio originale che a prima vista non sembra neanche per le comunicazioni sociali, bensì sulla vita familiare, ma non è così. Sono queste le parole con le quali il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Claudio Maria Celli ha presentato in Sala Stampa vaticana il messaggio del Papa. Servizio di Francesca Sabatinelli:

Questo non è un messaggio sulla famiglia, ma un messaggio dedicato alla profonda interrelazione tra famiglia e comunicazione. Il messaggio del Papa, dice mons. Celli, verte soprattutto sulla dimensione umana della comunicazione:

“Il Papa sottolinea la dimensione positiva della famiglia. E non è una affermazione ingenua: dopo il Sinodo straordinario vissuto lo scorso ottobre, il Papa sa perfettamente che cosa vive in questo momento la famiglia e quali siano i problemi che riguardano la vita familiare. Eppure, il Papa dice in questo messaggio, che la famiglia continua ad essere una grande risorsa e quindi non solo un problema o una istituzione in crisi”.

Mons. Celli si riferisce poi al paragrafo dedicato ai media più moderni e spiega come il messaggio di Francesco sia in grande sintonia con il magistero dei suoi predecessori, San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI:

“Non si dice nulla di più, però c’è una sottolineatura: spetta a babbo e a mamma aiutare i figli a entrare e a vivere umanamente la loro presenza nel contesto delle reti sociali. E qui, invece, il Papa sottolinea come, proprio perché è una presenza che dà testimonianza di valori umani e di questa nostra appartenenza a Gesù Cristo, abbiamo bisogno di avere babbo e mamma che stanno accanto, che accompagnano, che introducono, che sanno dare quella sapienza tipica, che molte volte i giovani o i ragazzini non possono avere”.

Di qui, il richiamo ad una grande attenzione della Chiesa a far sì che i genitori si sentano responsabilmente coinvolti nel rapporto tra i figli e il “continente digitale”:

“Oggi il ‘continente digitale’ è tremendamente e fortemente frequentato. Io ritengo che la nostra pastorale familiare sia proprio quella di vedere come e in che misura i genitori aiutano i figli non proibendone l’accesso, ma educando, aiutando a riscoprire che senso ha questa nostra presenza, il come essere presenti e anche con che responsabilità essere presenti. Ecco, io ritengo che una pastorale familiare, in questo settore, debba crescere e debba ancora di più affermarsi, a livello anche ecclesiale”.

In chiusura, in risposta ad una precisa domanda, un riferimento diretto agli attentati di Parigi, a Charlie Hebdo e ai limiti della libertà di comunicazione:

“Io credo che tutti si sia sentita profondamente questa affermazione ‘Je suis Charlie’. Io credo che, ancora una volta, si debbano ridefinire i contorni di questa presenza e di questa libertà di comunicazione. Qui, il Papa è intervenuto sottolineando che anche la posizione altrui, pur non togliendo nulla alla mia libertà, esige che io sia rispettoso della posizione altrui. Poi, il Papa innegabilmente, alle volte, ha un suo linguaggio immediato, però credo che un tema di fondo sia quello che: sì c’è la mia libertà, che va assolutamente protetta e salvaguardata, ma c’è anche un rispetto della posizione dell’altro. E su questo io ritengo che valga la pena mantenere sempre un giusto e sano equilibrio”. 








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