2015-01-19 07:01:00

Nigeria: nuove violenze. Onaiyekan: si fa poco contro Boko Haram


Nuove azioni dei Boko Haram in Nigeria e non solo. Un attentato kamikaze è avvenuto a Potiskum, nel nord-est del Paese, e in un blitz i terroristi islamici hanno rapito almeno 80 persone, inclusi bambini, in un raid oltre confine nei pressi di Mokolo, in Camerun. Il servizio di Giulio Albanese:

I villaggi della zona sono stati attaccati, saccheggiati e dati alle fiamme. La settimana scorsa il presidente camerunese Paul Biya aveva annunciato l'invio di un contingente a sostegno dell'esercito regolare per respingere l'offensiva dei Boko Haram, lungo la linea di confine tra Nigeria e Camerun. D’altronde, proprio in Camerun i ribelli nigeriani hanno allestito alcune basi che servono per l’approvvigionamento di armi e munizioni. Sempre ieri, in Nigeria un kamikaze si è fatto esplodere a Potiskum, nel nordest del Paese: sono morte almeno quattro persone e una cinquantina sono rimaste ferite. L’esplosione è avvenuta vicino alla stazione degli autobus di Tashar Kunne, nella periferia di Potiskum, nello stato di Yobe. L’attentatore si è fatto esplodere con la sua auto lanciandosi contro altri veicoli.

 

A proposito delle violenze commesse dai Boko Haram, il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, denuncia – al microfono di Hélène Destombes – i crimini commessi contro l’umanità:

R. – Il s’agit d’un groupe qui commet de graves crimes contre l’humanité...

Si tratta di un gruppo che commette crimini, crimini gravi, contro l’umanità. La situazione è grave. Quello che ci preoccupa è che sembra che il nostro governo, le nostre autorità nigeriane non riescano a vedere chiaramente la situazione. Secondo me, questa è un’incapacità colpevole. E’ terribile che il nostro presidente e tutti coloro che ci governano riescano a fare sonni tranquilli, mentre il Paese si trova in questa situazione. Quelli che ci governano continuano a non fare niente e a vivere come se non fosse accaduto nulla. Non sono i mezzi che mancano: i soldi ci sono, e tanti. Quello che manca è il senso di responsabilità da parte di coloro che ci governano.

D. – Lei vorrebbe una mobilitazione internazionale, come è accaduto nei giorni scorsi dopo gli attacchi in Francia?

R. – Il ne me semble pas qu’il y ait une mobilisation totale de toutes les forces politiques …

Non mi sembra che ci sia stata una mobilitazione totale di tutte le forze politiche del nostro Paese, la Nigeria. Se ci fosse questo, non ci servirebbe nemmeno il sostegno dall’estero. La mobilitazione internazionale che c’è stata a Parigi c’è stata per sostenere una mobilitazione francese, piuttosto evidente. Purtroppo, la mobilitazione nigeriana non è evidente. E lo dico con grande rammarico.

D. – Lei spera che la situazione possa cambiare, evolversi dopo le elezioni presidenziali e legislative del prossimo 14 febbraio?

R. – Si cette élection se déroule bien, oui. Mais il y a un grand problème maintenant. …

Sì, se queste elezioni si svolgeranno in modo corretto. Ma adesso c’è un grande problema. Considerando che queste sono elezioni nazionali e che una grande parte del Paese non potrà assicurare la capacità di votare, quale potrà essere la qualità dei risultati? Questo è il grande problema che noi abbiamo, ora.

D. – Il Ciad ha annunciato il suo sostegno al Camerun, anch’esso colpito dalle violenze commesse da Boko Haram. Saranno tutti i Paesi della Regione, uniti, a dover combattere questa lotta contro i gruppi islamici?

R. – Certainement. Il y a besoin de collaboration parce-que les effectifs de Boko Haram …

Sicuramente. Serve la collaborazione perché gli uomini di Boko Haram, dopo aver commesso i loro crimini in Nigeria, valicano la frontiera e il giorno dopo sono già in Camerun o in Ciad. Nelle strade di alcune città del Ciad, Boko Haram recluta la gente attirandola con il denaro: pagano in dollari. E le persone, che sono senza lavoro, li seguono. Quindi, la situazione è grave. Noi chiediamo agli amici della Radio Vaticana che continuino a pregare per noi affinché il nostro governo riesca a riconoscere la gravità della situazione, affinché possiamo intraprendere non solo la strada militare, ma anche quella del dialogo politico. Così, piano piano, si può incominciare a cambiare la mentalità delle persone che commettono queste atrocità, che non sono solo contro il nostro Paese, ma contro la vita dell’uomo.








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