2015-01-18 09:30:00

Fattorie italiane a rischio, l'allarme della Coldiretti


Si rischia l’addio alle fattorie italiane. La denuncia è della Coldiretti, in occasione della festività di Sant’Antonio Abate: ieri, come è ormai tradizione, gli allevatori hanno portato i loro animali davanti Piazza San Pietro per la benedizione. "Stalle, pollai e ovili si sono svuotati dal 2008”, è l’allarme con la Fattoria Italia che ha perso solo tra gli animali più grandi circa un milione di pecore, agnelli e capre, 800mila maiali e 250mila bovini e bufale". Servizio di Francesca Sabatinelli:

Due milioni tra mucche, maiali, pecore e capre scomparsi in Italia dal 2008. Per colpa della crisi, di un lavoro ormai poco remunerato e delle importazioni. L’allarme è stato lanciato dalla Coldiretti, in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali e patrono di tutti gli allevatori. Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti:

R. - Due milioni di animali scomparsi significa un attacco alla nostra biodiversità, alla nostra tradizione dell’allevamento italiano, ma soprattutto un minor presidio delle aree interne, perché l’allevamento con il pascolo sono elementi fondamentali per garantire il presidio del territorio e la sua manutenzione, soprattutto nelle aree interne, collinari e montane. Quindi: rischio per la biodiversità, rischio per il nostro territorio e ovviamente occupazione a rischio, perché meno animali vuol dire meno persone coinvolte e vuol dire anche maggior dipendenza dall’estero per prodotti fondamentali, come i prodotti a base di latte e a base di carne per la nostra alimentazione ed anche per la nostra immagine nel mondo.

D. - I prodotti a base di carne o di latte sono l’elemento fondamentale per le grandi denominazioni di origine italiane: si pensi al Parmigiano Reggiano, al Grana Padano, oppure ai prosciutti o ai salumi. Sono prodotti fondamentali, dice Moncalvo, per garantire il successo dell’immagine del cibo nel mondo, nonché il successo dell’occupazione che la crescita delle esportazioni crea...

R. - Quando il prodotto non è a denominazione di origine, i prodotti possono purtroppo ancora avere la dicitura “Made in Italy” anche se non hanno un collegamento con le nostre produzioni dell’allevamento. Quindi 2 mozzarelle su 3 sono vendute come “Made in Italy”, ma non hanno latte italiano e spesso hanno anche cagliate provenienti dall’estero, 2 prosciutti su 3 sono venduti come “Made in Italy”, ma non hanno cosce di suino italiano, e addirittura 3 cartoni di latte a lunga conservazione su 4 hanno una marchiatura “Made in Italy”, ma non hanno nulla a che vedere con le nostre stalle e con il lavoro delle nostre imprese in un settore, quello zootecnico, dove tanti giovani vogliono poter investire, generando occupazione e presidio del territorio.

D. - Il prezzo del latte pagato agli allevatori negli ultimi mesi è crollato, arrivando a circa 30 centesimi al litro, il che non copre neanche i costi di produzione…

R. - E’ un paradosso che dobbiamo risolvere, portando finalmente in modo compiuto trasparenza sulla filiera agro-alimentare e quindi con le indicazioni delle origini in etichetta per tutti i prodotti e per tutta la spesa degli italiani. Peraltro è quello che i consumatori vogliono ed è quello che è necessario per garantire in tutti i prodotti, in tutto il cibo, la giusta riconoscibilità, la giusta tracciabilità e quindi il giusto riconoscimento anche economico per il lavoro delle imprese agricole italiane.

D. - Nell’ultimo anno e mezzo, 650 mila maiali allevati sono andati perduti, così come 8 mila posti di lavoro lungo la filiera…

R. - Non possiamo, in un momento così di crisi per il nostro Paese, permetterci il lusso di perdere posti di lavoro in un settore così strategico. Quindi, trasparenza piena nella filiera per cogliere quella grande fame di vero cibo italiano che c’è nel mondo e che rende questo settore strategico per dare futuro al nostro Paese e occupazione ai tanti giovani che sempre più si avvicinano al mondo dell’ambiente, dell’agricoltura e del cibo. Dobbiamo fare in modo che questo valore della tracciabilità e del legame con il territorio sia un valore che non riguardi solo alcune filiere, che non riguardi solo i prodotti a denominazione di origine, ma deve riguardare tutta la spesa, tutti i prodotti e tutto il cibo che i consumatori italiani e stranieri possono acquistare.

La battaglia della Coldiretti per le origini in etichetta è fondamentale, spiega ancora Moncalvo, per garantire trasparenza e rispondere ai consumatori che vogliono sapere cosa mangiano e, allo stesso tempo, per riconoscere il lavoro delle imprese agricole italiane.








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