2015-01-17 08:14:00

Blitz e arresti in tutta Europa contro i jihadisti


Giro di vite in Europa nell’ambito della lotta al terrorismo. Nelle ultime 24 ore sono stati compiuti almeno 27 arresti  in diversi Paesi del Vecchio Continente. Alzato il livello di allarme da parte delle intelligence occidentali. Intanto, ieri, venerdì di preghiera, in molti Paesi musulmani si sono svolte proteste contro la pubblicazione di Charlie Hebdo. Quattro persone sono morte in Niger a seguito di violenti scontri. Il Servizio di Marco Guerra:

Francia, Belgio, Germania sono i paesi teatro dei blitz che hanno portato all’arresto di 27 persone collegate alla rete jihadista internazionale. Tra i fermati compare anche il complice di Amedy Coulibaly, quello che gli ha fornito “il più rilevante supporto logistico” e in particolare l'auto su cui viaggiava prima della sparatoria a Montrouge. Il Il gruppo tedesco è accusato di reclutamento, mentre quello belga stava preparando il rapimento e la decapitazione di un importante personaggio. E sono proprio due jihadisti provenienti dal Belgio, i terroristi fermati in Francia al valico di frontiera del Frejus mentre si apprestavano a entrare in Italia. L’allerta sala infatti in tutti i Paesi europei, dove, secondo fonti dell’intelligence, potrebbero esserci fino a 20 cellule jihadiste dormienti pronte ad agire, delle quali farebbero parte 120-180 uomini. Si parla inoltre di “minaccia imminente” di attacchi in Belgio e in Olanda; le autorità tedesche temono azioni a Berlino e Dresda; preoccupato anche il premier Cameron che parla di Gran Bretagna “seriamente” a rischio attentati. Intanto, malgrado le condanne di molte autorità religiose islamiche espresse nei giorni scorsi, in diversi Paesi musulmani ieri si sono registrate proteste contro la pubblicazione di Charlie Hebdo. In Niger un centro culturale francese e due chiese sono state incendiate, e nelle violenze sono morti un agente e tre dimostranti.

 

Delle strategie del terrorismo e delle forze messe in campo per contrastarlo, Fausta Speranza ha parlato con Germano Dottori, docente di Studi strategici all’Università Luiss:

 

R. – Probabilmente esiste una catena logistica comune ed è la stessa catena logistica che permette gli spostamenti delle persone da e per il teatro siriano. Credo che sia questo il dato maggiormente preoccupante, che invita tutti a essere particolarmente attenti ai movimenti e agli spostamenti di queste persone che si dirigono verso questi teatri dove si combatte.

D. – Il coordinamento di forze dell’ordine e forze dell’intelligence a che punto è? Nuove misure, probabilmente…

R. – Questo è possibile, ma io ritengo che soprattutto in questa fase si lavori molto a livello di scambio di informazioni: chi sa qualcosa, allerta i partner che reputa più vicini. E verosimilmente creando, in questo modo, anche un credito da riscuotere in altre circostanze in futuro, magari in presenza di emergenze di natura differente. Sarebbe interessante sapere quali sono i Paesi in cui la notte scorsa si sono svolte delle operazioni di contrasto al terrorismo internazionale, perché si è parlato ieri sera di sette Paesi: in realtà abbiamo delle notizie certe soltanto relativamente al Belgio, anche perché lì è la magistratura locale che ha convocato delle conferenze stampa e ha fatto sapere – diciamo – al mondo esterno cosa esattamente è accaduto.

D. – Nei fatti di Parigi - Charlie Hedbo, ma anche gli altri episodi – si è parlato di criticità proprio in termini di collegamenti tra intelligence…

R. – Tenga presente che in ciascuno Paese, dove esistono più servizi di intelligence, è normalmente già un problema coordinare le singole agenzie, che sono molto gelose del loro “orticello”. Noi, in Italia, nel 2007, abbiamo varato una riforma che ha rafforzato il coordinamento centrale, anche come interfaccia tra il lavoro delle agenzie e il decisore politico, che poi è il fruitore finale delle informazioni. Il problema della circolazione delle informazioni raccolte e della loro condivisione è avvertito in molti Paesi: non ultimo negli Stati Uniti, dove è stato necessario creare una figura istituzionale di vertice per fare il raccordo, che prima dell’11 settembre era risultato alquanto debole.

D. – A Parigi, a parte i vignettisti, l’obiettivo sono state forze dell’ordine; anche qui, in Belgio, è emerso che sembrava si stesse pianificando proprio un attacco contro un posto di Polizia…

R. – Si parla di commissariati di Polizia, ma si parla anche del progetto di sequestrare una personalità molto in vista e di procedere alla sua decapitazione alla maniera che vediamo tra Siria ed Iraq, tipica dello Stato Islamico. Tra parentesi, continuiamo ad avere informazioni alquanto confuse e idee alquanto confuse relativamente a chi si stia muovendo in questo momento: se la filiera di al-Qaeda o piuttosto, invece, quella riconducibile al Califfato, che è sorto il 24 giugno scorso a Racca. Costituisce una difficoltà addizionale il fatto che in Francia i tre killer siano stati uccisi e quindi non possono essere, in questo momento, né processati né tantomeno interrogati. Il fatto che in Belgio ci sia, invece, almeno una persona arrestata - di cui si sa - costituisce una premessa piuttosto interessante per cercare di far luce.  E’ comunque un fatto assai inquietante che nei nostri Paesi girino armi da guerra e che ci sia gente perfettamente addestrata al loro utilizzo. Questo rappresenta una minaccia purtroppo diffusa, con la quale – credo – dovremo fare i conti per un bel periodo di tempo.








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