2015-01-15 14:03:00

Comunità S.Egidio: “Siamo tutti nigeriani” contro terrorismo


“Siamo tutti nigeriani”, il motto della manifestazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, a sostegno della Nigeria travolta dalla violenza del movimento islamista Boko Haram, che avrebbe ucciso oltre 2 mila persone in pochi giorni, utilizzando anche bambine kamikaze. Appuntamento stasera alle 19 nella Basilica di Santa Maria in Trastevere per una preghiera comunitaria, presieduta da mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontifico Consiglio per la Famiglia. Roberta Gisotti ha intervistato Mauro Garofalo, responsabile esteri della Comunità di Sant’Egidio:

D. – Perché “Siamo tutti nigeriani”? Credo che a molti sfugga la situazione di questo Paese africano…

R. – “Siamo tutti nigeriani” per non dimenticare che, oltre alle violenze che sono purtroppo accadute a Parigi e oltre al sentimento diffuso di solidarietà con la Francia, ci deve essere anche questo sentimento per la Nigeria, visti i terribili avvenimenti dei giorni scorsi.

D. – Che cosa si chiederà alla comunità che interverrà in questo incontro?

R. – E’ un momento di preghiera, quindi il primo scopo è quello di pregare e di non dimenticare le centinaia e centinaia di persone che sono state uccise dalla violenza terroristica nel nord-est del Paese. Ed è bello dire che ci sarà la partecipazione della numerosa comunità nigeriana di Roma e del Movimento Genti di pace della Comunità di Sant’Egidio. Chiediamo di non dimenticare innanzitutto e di considerare che questa minaccia terroristica è una minaccia globale e molti Paesi ne soffrono.

D. – Dobbiamo dire che qualcuno ha unito il problema del terrorismo all’immigrazione: questo è molto grave!

R. – E’ grave ed è pericoloso! Io credo che ci sia bisogno di parlare, proprio in questo momento, con più forza del problema dell’integrazione, perché abbiamo visto a Parigi come questa violenza venga da cittadini francesi, immigrati di seconda e di terza generazione. E’ un problema che l’Europa ha affrontato in maniera diversa Paese per Paese, ma è un problema irrisolto. Di fronte a questa violenza, di fronte alla permeabilità di certi ambienti alla narrativa terrorista, noi oggi dobbiamo rafforzare certamente i valori di libertà, certamente il valore della solidarietà europea, ma anche il valore dell’integrazione.

D. – Non crede, dottor Garofalo, che anche la comunità islamica nel mondo debba fare una riflessione?

R. – Una riflessione certamente è necessaria e urgente, e credo di poter dire che una riflessione è già cominciata: abbiamo visto dei segni di questo. C’è bisogno di un maggior impegno, c’è bisogno di una maggiore coscienza delle comunità islamiche in generale e di quelle presenti in Europa. Ma io credo che noi abbiamo sempre avuto una difficoltà a comprendere l’articolazione del mondo musulmano. Io penso, per esempio, al recente Convegno di al-Azhar – che è la più grande autorità musulmana ed è in Egitto – che è stata molto fermo nel condannare questi atti di violenza in nome di Allah, che tradiscono la vera religione islamica. Ma poi penso anche all’appello del Papa durante questo suo viaggio in Sri Lanka e nelle Filippine, che invita le religioni a condannare senza equivoci questi atti. Credo che questo sia un cammino da fare insieme.

D.- Sovente si dimentica che gli islamici sono, a volte, le prime vittime del terrorismo islamico…

R. – Questo è vero ed è un dato statisticamente provato: la grande vittima, in termini numerici, della violenza terrorista sono gli stessi islamici. E’ un conflitto che mette in crisi il modello di islam tradizionale e moderato. C’è una narrativa che fa forza sulla tradizione islamica. Purtroppo è vero e bisogna anche dire che è arrivato alle nostre porte e dentro le nostre case. Quindi è un problema da affrontare in maniera molto seria, ma anche rispettandone la complessità.








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