I 16 vescovi partecipanti alla visita organizzata in questi giorni in Palestina e Israele dall'Holy Land Coordination - organismo che riunisce vescovi e rappresentanti delle Conferenze episcopali di Europa e Nord America - ieri hanno raggiunto la Valle di Cremisan, al centro di una lunga contesa giudiziaria tra i proprietari dei terreni e le autorità israeliane, che in quell'area verde intendono far passare il tracciato del muro di separazione dai Territori palestinesi.
Il muro divide terreni agricoli e due istituti salesiani
Durante l'escursione, i vescovi sono stati accolti da padre Faisal Hijazin, parroco
a Beit Jala, e si sono intrattenuti con l'avvocato Raffoul al-Mutawakkil della Society
of St. Yves – organismo per la tutela dei diritti umani collegato al patriarcato latino
di Gerusalemme - e con alcuni dei 58 proprietari dei terreni agricoli minacciati dal
proseguimento dei lavori. Il tracciato del muro di sicurezza nella valle di Cremisan
mette a repentaglio anche l'opera spirituale e educativa svolta da due istituti religiosi
salesiani.
I vescovi chiedono di rivedere il tracciato del muro
Fonti locali contattate dall’agenzia Fides confermano che, alla fine della visita,
la delegazione dei vescovi diffonderà una dichiarazione in cui si farà riferimento
anche alla questione di Cremisan. Già lo scorso anno, alla fine di gennaio, l'Holy
Land Coordination aveva lanciato un appello per chiedere “giustizia nella valle di
Cremisan” e affermare la necessità di accantonare o rivedere il progetto.
Il muro si discosta dala Linea Verde
“Riconosciamo il diritto dello Stato di Israele alla sicurezza ed a confini sicuri”
scrivevano i vescovi in quel loro appello, ribadendo tuttavia che il tracciato del
muro di sicurezza cade in gran parte su territorio palestinese e si discosta nettamente
dalla Linea Verde - la linea di demarcazione internazionalmente riconosciuta, che
separa Israele e i territori palestinesi conquistati nella Guerra dei Sei Giorni del
1967 – e anche per questo è stato definito come illegale dalla Corte internazionale
di giustizia.
La tappa ad Hebron
La delegazione - riferisce l'agenzia Sir - si è poi
recata ad Hebron, cuore della Cisgiordania, 30 chilometri a sud di Gerusalemme. Una
città costellata da insediamenti israeliani, anche dentro la città vecchia, a difesa dei quali l’esercito con la stella di David ha
posto un gran numero di soldati, creando di fatto un regime di separazione e di restrizioni
di movimento all’intera popolazione della città. Sono continue le provocazioni dei
coloni ai danni della popolazione palestinese secondo quanto riferito ai vescovi da
alcuni membri dell’Ong israeliana per la difesa dei diritti umani B’tselem.
Non c'è libertà ma solo divieti
“Gli stessi coloni - afferma mons. Felix Gmur, vescovo di Basilea che, insieme agli
altri presuli, è stato accompagnato in giro per la città dagli osservatori del Temporary
International presence in Hebron (Tpih) - si sono imprigionati da soli all’interno
di Hebron. Non esiste libertà ma solo divieti. È triste vedere tutto ciò. Una città
separata per la quale non si vede via di uscita”.
Rispetto della dignità dei palestinesi
Per monsignor William Kenney, membro della Comece, la Commissione degli episcopati
della Comunità europea, “colpisce la mancanza di dignità che accompagna la vita dei
palestinesi di Hebron. La situazione è difficile ma ciò che si deve tenere presente
è che ogni uomo ha la sua dignità che va rispettata in ogni momento. Ben vengano,
dunque, le campagne di Ong per la difesa dei diritti umani come B’tselem che aiutano
i palestinesi a difendere i loro diritti con strumenti di denuncia delle violazioni
come le riprese video”. (D.R.)
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