Papa Francesco ha incontrato stamani, nella Sala Regia in Vaticano, il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per i tradizionali auguri di inizio anno. Sono 180 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. A questi vanno aggiunti l’Unione Europea, il Sovrano Militare Ordine di Malta e una Missione di natura speciale, ovvero quella dello Stato di Palestina. Di seguito pubblichiamo un’ampia sintesi del discorso del Papa a cura di Alessandro Gisotti:
Far risuonare con forza la parola "pace"
“Quest’oggi – esordisce Francesco – desidero far risuonare
con forza una parola a noi molto cara: pace”. Tema che viene sviluppato e articolato
in tutto il lungo discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Il Papa prende spunto dall’immagine del presepe che “accanto alla pace”, racconta
“anche un’altra drammatica realtà: quella del rifiuto”. Il pensiero del Pontefice
va all’icona della Natività di Andrej Rublëv che raffigura Gesù Bambino non deposto
in una culla bensì in un Sepolcro per collegare il Natale e la Pasqua, mostrando che
“accanto all’accoglienza gioiosa per la nuova nascita” vi è “tutto il dramma di cui
Gesù è oggetto” fino “alla morte di Croce”.
Cultura dello scarto
Il Papa rammenta che i racconti della Natività di
Gesù parlano pure del “cuore indurito dell’umanità” che fatica ad accogliere il Bambino.
Anche oggi, avverte, “c’è un indole del rifiuto che ci accomuna, che induce a non
guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere”. Si tratta, ammonisce, “di
una mentalità che genera quella cultura dello scarto che non risparmia niente e nessuno”
finendo per produrre “violenza e morte. Ne abbiamo una triste eco – ha sottolineato
- in numerosi fatti della cronaca quotidiana, non ultima la tragica strage avvenuta
a Parigi alcuni giorni fa. Da essa, rileva, “nasce un’umanità ferita e continuamente
lacerata da tensioni e conflitti”. Francesco si sofferma in particolare sulla figura
crudele del re Erode che sentendosi minacciato dal Bambino Gesù fa uccidere tutti
i bimbi di Betlemme. E di qui, volge un commosso pensiero al Pakistan dove un mese
fa oltre cento bambini sono stati “trucidati con inaudita ferocia”.
Schiavitù moderne
Francesco richiama così il suo ultimo messaggio per
la Giornata mondiale della pace per ribadire che oggi vediamo l’essere umano che “da
libero diventa schiavo, ora delle mode, ora del potere, ora del denaro, talvolta perfino
di forme fuorviate di religione”. Sono, evidenzia, le “schiavitù moderne” che “nascono
da un cuore corrotto, incapace di vedere e operare il bene, di perseguire la pace”.
E avverte che le conseguenze di questa mentalità e della “cultura dell’asservimento”
sono il “continuo dilagare dei conflitti” come una “vera e propria guerra mondiale
combattuta a pezzi”
Conflitto in Ucraina
La prima area in guerra citata dal Papa è l’Ucraina
che, rileva, è “divenuta drammatico teatro di scontro”. Francesco auspica che “attraverso
il dialogo si consolidino gli sforzi in atto per cessare le ostilità” e le parti coinvolte
intraprendano “un sincero cammino di fiducia reciproca” in un “rinnovato spirito di
legalità internazionale”.
Medio Oriente, Iraq e Siria
Una parte importante del discorso al Corpo diplomatico
viene dedicata dal Papa al Medio Oriente, la terra di Gesù per la quale – afferma
– “non ci stancheremo mai di invocare la pace”. Quindi rammenta l’incontro di preghiera
in Vaticano con l’allora presidente israeliano Peres e quello palestinese Abbas e
torna a chiedere che cessino le violenze e si giunga ad una soluzione che permetta
a palestinesi e israeliani di “vivere finalmente in pace” per concretizzare la “soluzione
di due Stati”. Francesco volge quindi lo sguardo a Iraq e Siria dove si protraggono
conflitti “i cui risvolti sono agghiaccianti anche per il dilagare del terrorismo
di matrice fondamentalista”.
Il terrorismo rifiuta gli uomini e Dio
Il Pontefice offre una sua riflessione sul drammatico
fenomeno del terrorismo che, afferma, “è conseguenza della cultura dello scarto applicato
a Dio”. Infatti, prosegue, il fondamentalismo religioso, “prima ancora di scartare
gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un
mero pretesto ideologico”. Di fronte “a tale ingiusta aggressione che colpisce anche
i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi della regione", come gli yazidi – è
l’esortazione del Papa – "occorre una risposta unanime che, nel quadro del diritto
internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani
le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato”. Francesco rinnova
dunque l’appello alla comunità internazionale come ai singoli governi “perché assumano
iniziative concrete per la pace e in difesa di quanti soffrono” a causa di guerre
e persecuzioni. Il Papa rammenta la sua lettera inviata prima di Natale alle comunità
cristiane della regione e rimarca che “un Medio Oriente senza cristiani sarebbe un
Medio Oriente sfigurato e mutilato”. Ancora una volta inoltre auspica che “i leader
religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani condannino qualsiasi interpretazione
fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza”.
E annota, con amarezza, che “simili forme di brutalità” non mancano in altre parti
del mondo.
Conflitti nei Paesi africani
Sono tanti i Paesi dell’Africa sconvolti dalla guerra,
a partire dalla Nigeria dove – denuncia Francesco – “non cessano le violenze che colpiscono
indiscriminatamente la popolazione”, mentre è in “continua crescita il tragico fenomeno
dei sequestri di persone”. E denuncia “l’esecrabile commercio” della “giovani ragazze
rapite per essere fatte oggetto di mercimonio”. Non manca poi il pensiero alla Libia
lacerata da una “lunga guerra intestina” e alla Repubblica Centro-africana dove, constata
con dolore, che “la buona volontà che ha animato gli sforzi di coloro che vogliono
costruire un futuro di pace” incontri “forme di resistenza ed egoistici interessi
di parte”. Ancora il Papa cita la preoccupante situazione in Sudan, nel Corno d’Africa
e nella Repubblica democratica del Congo dove migliaia di persone sono costrette a
fuggire dalla violenza. E ancora chiede di impegnarsi in favore della riconciliazione,
della pace, della dignità della persona.
L’orrendo crimine dello stupro
Le guerre, constata poi il Papa, portano con sé anche
“l’orrendo crimine” dello “stupro”. Si tratta, avverte, di una “gravissima offesa
alla dignità della donna, che non solo viene violata nell’intimità del suo corpo,
ma pure della sua anima, con un trauma che difficilmente potrà essere cancellato”.
Purtroppo, soggiunge, “si verifica che anche laddove non c’è guerra troppe donne ancor
oggi soffrono violenza” a causa di questo crimine.
Curare con dignità i malati di ebola
Nella cultura dello scarto, sottolinea il Papa, c’è
anche il modo in cui “vengono spesso trattati i malati, isolati ed emarginati come
i lebbrosi di cui parla il Vangelo”. Francesco definisce “lebbrosi del nostro tempo”
le vittime dell’Ebola che, specialmente, in “Liberia, Sierra Leone e Guinea” ha già
fatto 6 mila morti. Torna dunque a ringraziare gli operatori sanitari, i religiosi
e i volontari che curano questi malati e al contempo chiede alla comunità internazionale
di assicurare “un’adeguata assistenza umanitaria ai pazienti” e promuovere “un impegno
comune per debellare il morbo”.
Profughi e migranti
Tra le conseguenze dei conflitti, afferma ancora il
Papa, c’è spesso “la fuga di migliaia di persone dalla propria terra d’origine”. E
chiede di interrogarsi su “quante persone perdono la vita in viaggi disumani, sottoposte
alle angherie di veri e propri aguzzini avidi di denaro”. Il Mediterraneo, ripete
con forza, non può diventare “un grande cimitero” e denuncia anche che molti migranti,
specie nelle Americhe, “sono bambini” che necessitano di “maggiore cura, attenzione
e protezione”. Francesco sottolinea poi il “dramma del rifiuto” che devono affrontare
tanti migranti e invita ad un “cambio di atteggiamento nei loro confronti, per passare
dal disinteresse e dalla paura ad una sincera accettazione dell’altro”. Né manca di
chiedere “legislazioni adeguate” e un impegno internazionale “per portare soccorso
ai rifugiati e ai migranti”. D’altro canto, sottolinea che è “necessario agire sulle
cause e non solo sugli effetti”.
Lavoro e famiglia
Il Pontefice parla poi degli “esiliati nascosti” che
vivono nelle nostre case: anziani, malati e giovani a cui sono state negate “concrete
prospettive lavorative”. D’altra parte, avverte, “non esiste peggiore povertà di quella
che priva del lavoro e della dignità del lavoro” o che lo rende “una forma di schiavitù”.
La disoccupazione giovanile come lo sfruttamento del lavoro minorile è, nelle parole
del Papa, “contrario alla dignità umana e deriva da una mentalità” che pone il denaro
al centro a “scapito dell’uomo stesso”. Ancora, Francesco denuncia che anche la famiglia
“non di rado” è fatta “oggetto di scarto a causa di una sempre più diffusa cultura
individualista” che favorisce la denatalità, “nonché di legislazioni che privilegiano
diverse forme di convivenza piuttosto che sostenere adeguatamente la famiglia per
il bene di tutta la società”.
L’Italia vinca la tentazione dello scontro
Francesco non manca di rivolgere un’attenzione speciale
all’amata nazione italiana che, come tanti Paesi, affronta una crisi economica che
“genera sfiducia e favorisce la conflittualità sociale”. Risvolti, afferma, che ha
toccato con mano incontrando a Roma e in Italia “tante persone che vivono situazioni
di disagio”. L’Italia, esorta il Papa, deve vincere il “perdurante clima di incertezza
sociale, politica ed economica”. Il popolo italiano, prosegue, “non ceda al disimpegno
e alla tentazione dello scontro, ma riscopra” i valori dell’attenzione reciproca e
della solidarietà alla base “della convivenza civile” e sorgente di “fiducia tanto
nel prossimo quanto nel futuro, specie per i giovani”.
Viaggio in Sri Lanka e Filippine
Dei giovani torna a parlare ricordando la sua visita
in Corea proprio per la Giornata della Gioventù Asiatica e di qui guarda al nuovo
viaggio per l’Asia, per visitare Sri Lanka e le Filippine. Evento che testimonia “l’attenzione
e la sollecitudine pastorale” con cui segue “le vicende dei popoli” del continente
asiatico. E torna ad auspicare la ripresa del dialogo “fra le due Coree, che sono
Paesi fratelli”.
Frutti di pace
All’inizio dell’anno, il Papa evidenzia che non vuole
che il suo sguardo “sia dominato dal pessimismo” e ringrazia Dio per i doni, gli incontri,
i dialoghi e soprattutto per “alcuni frutti di pace”. Si riferisce così alla sua visita
in Albania che, nonostante “le ferite sofferte nella storia recente”, è ora luogo
di “pacifica convivenza” in “un clima di rispetto e fiducia reciproca tra cattolici,
ortodossi e musulmani”. E commenta che una “fede in Dio sincera apre all’altro, genera
dialogo e opera per il bene, mentre la violenza nasce sempre da una mistificazione
della religione stessa, assunta a pretesto di progetti ideologici che hanno come unico
scopo il dominio dell’uomo sull’uomo”. Si riferisce poi al “dialogo ecumenico e interreligioso”
sperimentato in Turchia e allo “spirito di accoglienza” in Giordania. E auspica per
il Libano che vengano superate “le attuali difficoltà politiche”.
Accordi Usa-Cuba, chiusura di Guantanamo
Tra gli esempi in cui il dialogo può “davvero edificare
e costruire ponti”, Francesco cita la recente decisione di Stati Uniti e Cuba di “porre
dine ad un silenzio reciproco durato oltre mezzo secolo e di riavvicinarsi per il
bene dei rispettivi cittadini”. E accoglie inoltre “con soddisfazione la volontà”
degli Usa di “chiudere definitivamente il carcere di Guantanamo”. Dal Papa anche un
riferimento al Burkina Faso impegnato in un periodo di rinnovata collaborazione e
sviluppo, alle Filippine che hanno firmato un accordo per porre fine ad anni di tensioni
nel Paese. Il Pontefice ha poi parole di incoraggiamento per la pace in Colombia,
la concordia in Venezuela e un’intesa definitiva tra l’Iran e il cosiddetto Gruppo
5+1 sull’utilizzo dell’energia nucleare per scopi pacifici.
70.mo Nazioni Unite e accordo sul clima
Nella parte conclusiva del suo discorso, Francesco
rammenta che 70 anni fa nascevano le Nazioni Unite sorte sulle ceneri dell’“immane
tragedia” della Seconda Guerra Mondiale. E riecheggia lo storico discorso del Beato
Paolo VI che, nel 1965, all’Onu lanciava l’accorato appello: “Non più la guerra, non
più la guerra”. Un’invocazione che Papa Francesco riprende guardando particolarmente
all’Agenda di Sviluppo post-2015 con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e l’elaborazione
di un nuovo Accordo sul clima. In tutti questi processi, ne è convinto il Papa, il “presupposto indispensabile è la pace” che sgorga “dalla
conversione del cuore”.
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