2015-01-11 14:46:00

Nigeria, i musulmani prime vittime della violenza di Boko Haram


Dopo il massacro senza precedenti di Boko Haram nella città di Baga e l'attentato della bimba kamikaze a Maiduguri, si teme un'espansione della crisi non solo in Nigeria ma in tutta la regione. Marco Guerra ne ha parlato con l’africanista Marco Massoni:

Boko Haram punta alla conquista di tre Stati federali
R. – Fondamentalmente è un salto di qualità, dovuto da un lato alla inefficacia, all’inefficienza e, oserei dire, anche all’accidia, in molte situazioni, da parte delle forze armate federali della capitale Abuja. Pur avendo sempre detto che la soluzione militare non può essere l’unica, sta di fatto, però, che nel momento in cui c’è un atto di guerra militare, un’avanzata militare la puoi contrastare solamente con mezzi analoghi. Il punto è proprio questo: l’inefficienza, l’inefficacia da parte di chi deve gestire la sovranità territoriale di quelle zone così remote del Nord-Ovest, del Nord-Est nigeriano, fa sì che costoro abbiano effettivamente una presa totale sul territorio. L’obiettivo è, infatti, quello di prendere completamente il resto dei territori dei tre Stati federali, che da 20 mesi - Borno, Yobo e Adamaoua – sono stati dichiarati appunto sotto emergenza. Il punto che riguarda la cittadina di Baga è importante, perché si riferisce alla cuspide di confine fra Nigeria, Ciad, Camerun, ed è appunto l’head-quarter delle forze di sicurezza, per tentare di contrastare le nuove attività di Boko Haram.

Confini virtuali, zona fuori controllo
D. – Il fatto che arrivino notizie frammentate da queste zone - non si capisce bene neanche il bilancio delle vittime – fa capire che sono aree totalmente fuori dal controllo di Abuja…

R. – Sì, sono aree totalmente fuori dal controllo di Abuja; sono confini quasi virtuali, come spesso avviene, molto fluidi in questi territori, sia che sia savana, sia che sia, più in senso generale, Sahel o anche appunto foresta tropicale. Ed è il motivo per cui spesso le retrovie di Boko Haram o anche certi attentati, certe operazioni, hanno luogo in Camerun o anche nello stesso Ciad, proprio perché i confini sono in realtà non controllati e anche molto virtuali.

Primo bersaglio di Boko Haram sono i musulmani
D. – Che collegamenti ci sono tra Boko Haram, che continua ad imperversare, lo Stato islamico e più in generale questa nuova fiammata del terrorismo internazionale?

R. – Sono fenomeni distinti, con tentativi di addentellato da parte delle sette islamiste nigeriane, nel volersi far riconoscere come interlocutori di livello nello scacchiere, da parte di chi era già assurto ai massimi livelli internazionali: al Qaeda in primo luogo, in seconda battuta l’Isis e tutto il potere polarizzante che hanno saputo conquistarsi. Ma il problema fondamentale è che il fondamentalismo promosso da Boko Haram è in primo luogo ai danni dei poveri musulmani, che vivendo in quelle zone subiscono questi attacchi terribili e, allo stesso tempo, dimostra il fatto che non attecchisce se non attraverso la violenza. Sembra molto simile a quanto tentarono – quindi c’è una sorta di lezione appresa, nel ripetere certi comportamenti analoghi – fra i qaedisti nel Nord del Mali, tre anni fa, nel momento in cui occuparono quei territori assieme ai tuareg irredentisti, imponendo la sharia a gente che sicuramente non la voleva seguire.

Ruolo della comunità internazionale
D. – Colpisce il fatto che questa tragedia sia stata ignorata da tutta la stampa occidentale e credo che sia da escludere un eventuale  intervento occidentale in Nigeria. Dobbiamo aspettarci che la Nigeria continuerà ad essere lasciata sola in questa battaglia contro Boko Haram?

R. – Insomma, da tempo si parla di soluzione africana a problemi africani. Bisognerebbe favorire una sorta di intervento ovviamente di Paesi volenterosi africani, non necessariamente confinanti, con un avallo dell’Unione Africana, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che poi possa fare da apripista ad una missione, come avviene di norma in questi casi, un po’ più strutturata delle Nazioni Unite. Se non si continuassero ad utilizzare due pesi e due misure - perché una persona bianca assassinata per terrorismo è un conto e una di pelle nera è un altro - probabilmente il problema sarebbe stato arginato da tempo. La cosa più grave è che c’è il più completo disinteresse da parte delle autorità, in questo momento sempre di più, a ridosso delle elezioni, nel gestire la cosa. Lasciare decadere la situazione è anche un modo per confinarla, arginarla e non farla esplodere altrove. Francamente temo che ci sia una strategia non intelligente da parte delle autorità nigeriane nei confronti di questo problema.








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