2015-01-05 08:14:00

Netanyahu: mai nostri soldati davanti a Corte penale internazionale


Si acuisce il braccio di ferro tra israeliani e palestinesi dopo la decisione dell’Anp di sottoscrivere il Trattato di Roma per aderire alla Corte penale internazionale, al fine di incriminare Israele per crimini di guerra commessi nelle operazioni militari a Gaza. “Mai i nostri soldati davanti alla corte dell’Aja” ha detto al Consiglio dei ministri di ieri il premier Netanyahu, mentre già si registrano le prime ritorsioni economiche dello Stato ebraico. Il servizio di Marco Guerra:

“L’Anp ha lanciato una sfida e noi non ce ne staremo con le mani in mano”: è durissimo il premier israeliano, Netanyahu, aprendo a Gerusalemme la seduta settimanale del Consiglio dei ministri. “Non lasceremo che i soldati e gli ufficiali israeliani – ha aggiunto il primo ministro – vengano trascinati davanti alla Corte dell’Aia. Sotto processo dovrebbero andare i leader dell’Autorità palestinese, alleati coi criminali di guerra di Hamas”. Ancora più netto il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, secondo il quale la richiesta dell’Anp di aderire alla Corte penale internazionale “sancisce la  fine degli accordi di Oslo”, ossia il riconoscimentoreciproco Israele-Olp del 1993. 

E subito, come ritorsione, sono già stati congelati 106 milioni di euro di dazi doganali raccolti da Israele per conto dei palestinesi. “Un crimine di guerra” ha commentato il negoziatore palestinese che poi ha avvertito: se quel provvedimento non sarà revocato, l'Anp potrebbe decidere di sciogliersi. Animi accessi anche per l’immagine pubblicata su una pagina Facebook legata ad al-fatah che mostra premier Netanyahu vicino ad un cappio e la scritta a grandi lettere “fra poco”.

Per un’analisi su questa nuova frattura nei rapporti tra le parti, Marco Guerra ha intervistato Ianiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la pace in Medio Oriente:

R. – Occorre capire che il processo di pace è sospeso da aprile. Non è  in atto un processo di pace. Ci sono le elezioni in Israele il 17 marzo e in questa fase – dove un po’ tutti stanno aspettando cosa succede – ognuno si muove cercando di dimostrare che è vivo, a cominciare dai palestinesi che ora, dopo il fallimento della loro risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu, hanno chiesto l’adesione alla Corte internazionale di giustizia attraverso l’adesione al Trattato di Roma. Quindi, è una situazione in cui ognuno si muove, cerca di dimostrare sul terreno che si fa, ma di fatto è un po’ tutto in attesa dell’esisto del 17 marzo.

D. – L’Autorità nazionale palestinese però cerca delle sponde nella comunità internazionale, anche di farsi legittimare dagli organi internazionali. Significa che il governo israeliano è più isolato?

R. – C’è un processo di maggiore isolamento a livello internazionale. C’è stato il riconoscimento da parte della Svezia dello Stato palestinese, in questo senso si sono espressi in maniera non vincolante altri parlamenti europei: quello inglese e quello francese, quello spagnolo, quello belga e più in generale anche il parlamento europeo, che in maniera più attenuata ha preso una posizione di questo tipo. Poi, di fatto, c’è un’azione molto decisa da parte degli Stati Uniti, che cercano di evitare decisioni formali a livello di Consiglio di sicurezza, in attesa del voto del 17 marzo, per non dare a Netanyahu l’arma del vittimismo. Tuttavia, poi molti nodi dovranno venire al pettine.

D. – Sul terreno cosa può succedere dopo che Israele ha congelato 106 milioni di euro palestinesi di trasferimenti, mentre l’Anp minaccia di sciogliersi? Dobbiamo attenderci ulteriori tensioni anche nei territori?

R. – Non credo ci siano episodi di guerra a breve, anche se non si può mai dire. Credo in realtà nessuno si sia interessato allo scioglimento dell’Anp e non lo sia in primo luogo Israele, perché se si sciogliesse l’Anp l’onere di un sostenere la vita della popolazione sotto occupazione ricadrebbe interamente sulla potenza occupante e sarebbe seriamente gravoso per Israele. Già altre volte hanno sospeso i trasferimenti di questi soldi che sono che dei palestinesi, ma poi li hanno ripristinati. Credo che lo faranno anche questa volta. Quindi, di fatto si andrà verso una situazione di tensione perché ognuno deve giocare la sua parte, dimostrare di essere sul campo, ma credo che un po’ tutto sarà legato a quello che uscirà dalle elezioni del 17 marzo.








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