Deporre le armi e puntare sull’istruzione per ricostruire la pace nella Repubblica centrafricana. Questo, in sintesi, il messaggio dell’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, nel corso di un’intervista alla radio "Ndeke Luka", dopo le minacce di morte ricevute nel villaggio di Gbangou. Il servizio di Elvira Ragosta:
L’intimidazione era avvenuta nei giorni scorsi, durante una visita del presule con una delegazione della Caritas locale nel villaggio di Gbangou. A minacciarlo un esponente delle milizie Anti-Balaka. Da due anni teatro di una sanguinosa guerra civile, il Centrafrica vede opposti da un lato gli ex ribelli Seleka e dall’altro i miliziani anti-balaka, fedeli all’ex presidente Bozizé, deposto nel marzo 2013. Ma ascoltiamo un estratto dell’intervista dell’arcivescovo di Bangui:
R. – Le sens de ce geste vient du fait…
Il senso di questo gesto viene dal fatto che mi trovo
di fronte ad esseri umani ridotti allo stato animale. Quando li ho visti, due mesi
fa, nella “brousse”, ho provato grande indignazione e non sono potuto restare indifferente.
Ne ho parlato, cercando di attirare l’attenzione del governo, della comunità internazionale.
I giornali hanno scritto articoli: “Gbangou, città fantasma”. Si ha l’impressione che nessuno osi muoversi e così si lascia morire lentamente
questa popolazione. Ho preso allora il mio
bastone di pellegrino per andare dai miei fratelli e dalle mie sorelle per dire loro, forte e chiaro, che Dio non li ha dimenticati,
che è vicino a loro. Ho mobilitato i fratelli
in Cristo, ho reperito i mezzi sanitari per curarli e vestiti, per ridare loro la
dignità.
D. – Durante i suoi spostamenti, lunedì scorso, lei si è recato in diverse zone per parlare con i leader religiosi, con i gruppi anti-balaka e anche con gli insegnanti. Qual è stato il messaggio che ha portato loro?
R. – En général quand nous sommes dans l’obscurité…
In generale, quando siamo nell’oscurità, abbiamo bisogno
della luce. E credo che le persone che hanno studiato, che hanno ricevuto una formazione,
abbiano il dovere di avere una piccola luce per illuminare gli altri. Ed è mio dovere,
in quanto primo responsabile della Chiesa, di riunire i miei fratelli: quando li incontro,
di parlare con loro, rassicurarli, consolarli, incoraggiarli. Nelle loro città, la
presenza di queste persone è una forza nel cuore di questo mondo, è luce nel cuore
di questa popolazione. Attirano i giovani e soprattutto permettono loro di continuare
a sperare, contro ogni speranza. Mi fermo a parlare con gli insegnanti, e vi faccio
l’esempio della città di Gbangou, che dal 2012 non ha più scuole: quale avvenire possiamo
dare loro? E quindi è tempo che io incontri gli insegnanti per dire loro: “Iniziate,
anche se ci sono dei problemi. Questi bambini devono imparare a leggere e a scrivere”.
Noi stiamo perdendo una intera generazione: questa generazione della quale io ho sempre
detto che è stata “sacrificata”. Cosa hanno fatto questi giovani per meritare la sorte
che noi adulti, oggi, abbiamo riservato loro? E’
tempo di richiamare soprattutto alla responsabilità, gli uni per gli altri, di superare
le nostre differenze, i nostri problemi nell’interesse di questi bambini. Ne va dell’avvenire del nostro Paese! Ma mi fermo anche a parlare con gli anti-balaka: mi sembra che ci siano molti anti-balaka, si parla addirittura
di un partito politico che si chiama “Partito centrafricano per l’unità del popolo”,
un partito che raccoglie tutti quelli che ieri si chiamavano anti-balaka. Li invito a deporre le armi, a portare il loro contributo,
ad ascoltare anche la voce della popolazione,
a lavorare in simbiosi, a lavorare in coesione. Ora, invece, quanta disperazione,
quanto dolore! La giustizia arriva, a piccoli passi. E se sarà la giustizia a fermarvi,
dico loro, lascerete orfani e vedove. Guai a voi! Sarete degli incoscienti, degli
sconsiderati. Invece, la vostra vita ha valore, la vostra famiglia ha bisogno di essere
costruita, voi avete bisogno di giocare il vostro ruolo come padri di famiglia. Attenzione,
la giustizia internazionale si interessa a voi: quindi, fate attenzione! Non cadete
in questa trappola! Io faccio appello alla presa di coscienza gli uni degli altri,
per valutare le conseguenze dei nostri atti. Domani sarà troppo tardi... Oggi bisogna
prendere una decisione. O dire: “Basta! Ho fatto quel che potevo, ora non mi impegno
più”, o prendere la decisione giusta per costruire il mio Paese, per costruire la
mia famiglia e soprattutto aprire le porte ad un nuovo Centrafrica.
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