2014-12-30 14:12:00

Padre Spadaro: Francesco autorevole perché vicino alla gente


Secondo un sondaggio Demos, realizzato per conto di un quotidiano italiano, Papa Francesco è il personaggio pubblico in cui gli italiani ripongono più fiducia. Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, parte da questo dato per tracciare una riflessione sul magistero del Papa nell'anno che sta per chiudersi. L'intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Oggi c’è bisogno di una fiducia diffusa e raramente altre istituzioni – vediamo, per esempio, la politica – riescono a dare questa fiducia. Il Papa certamente ha impostato un rapporto di autorevolezza molto particolare: è stato cioè in grado di realizzare un rapporto diretto con le persone, quindi di prossimità, di vicinanza e tanto più è vicino, tanto più è autorevole; mentre noi sappiamo che in generale le forme di autorità si distinguono per la loro capacità di distanza e quindi divisione – come dire – divisione generale e distante dai singoli casi. Quindi direi che il Papa riscuote tanta fiducia perché c’è bisogno di spiritualità e il Papa risponde a questo bisogno in una maniera diretta, immediata, vicina, prossima. Questa, secondo me, è la chiave di fondo.

D. – Eppure il Natale 2014 è stato anche caratterizzato, a livello giornalistico, da un articolo di uno dei più noti scrittori cattolici, Vittorio Messori, che ha espresso dubbi sulla svolta di Papa Francesco…

R. – I dubbi, le difficoltà e direi le resistenze, in realtà, nei confronti del Papa ci sono, ma non vedrei in queste resistenze un problema. Anzi direi che forse sono l’evidenza dell’efficacia dell’azione di Francesco. Soprattutto un aspetto, che mi sembra quello più significativo: l’appello di Francesco a vivere un cristianesimo maturo, libero, che non ha problemi a confrontarsi anche in maniera conflittiva con le difficoltà di fronte a questo modello di cristianesimo ripiegato su se stesso, timoroso, impaurito, ossequioso: ecco, queste forme di cristianesimo reagiscono, ma indubbiamente la strada segnata – direi – non solo dal Papa, ma da tutto il processo che la Chiesa ha vissuto in questi anni, dal Concilio Vaticano II, spinge nella direzione verso cui Francesco sta andando.

D. – Alcuni rimproverano a Papa Francesco l’abitudine – tra virgolette – di bastonare i cattolici e sottolineano come, invece, il Papa sia molto apprezzato in ambienti distanti dalla Chiesa e sia molto considerato e molto apprezzato anche da molti non credenti. Cosa significa tutto ciò, secondo lei?

R. – Sono due cose differenti. La prima: direi che il Papa non “bastona” i credenti, semmai rivolge a loro un appello, un esame di coscienza e un esercizio spirituale. Anche il famoso discorso alla Curia, per gli auguri natalizi, è stato un discorso molto denso, molto forte, che ha avuto il suo nucleo in un appello a fare memoria del rapporto con Cristo: “evitare l’Alzheimer spirituale”, come lui lo ha definito. Quindi fare memoria dell’incontro con Cristo per andare avanti. Chiaramente, facendo memoria, ci si rende conto come è la vita che noi viviamo: è una vita segnata da miserie, da peccati. E quindi il Papa fa appello ad una coscienza nuova, soprattutto perché il peccato non finisca per essere corruzione. Quindi il Papa diventa molto duro, molto forte, perché vuole che la Chiesa testimoni Cristo e non testimoni una serie di pratiche, di idee, di ideologie in cui rischia di cadere il cristianesimo. D’altra parte questo messaggio è molto accolto da ambienti anche distanti, perché in fondo il messaggio che predica Francesco è un Vangelo puro: non è tanto il Papa che colpisce, quando il messaggio che lui poi riesce a comunicare con la sua persona, con assoluta semplicità e coerenza. Quindi arriva direttamente: se una volta c’era bisogno di grandi interpretazioni - a volte il messaggio del Papa nella sua purezza è stato poi chiuso e ingabbiato in interpretazioni e visioni - qui il Papa comunica direttamente. Il messaggio arriva nel momento in cui parte, possiamo dire… Questa è una grande forza: è il fascino del Vangelo, alla fine.

D. – Enzo Bianchi, priore di Bose, ha scritto che “più il Papa proseguirà nella strada dell’aderenza al Vangelo, sine glossa, più scatenerà le forze demoniache”. Cosa significa, secondo lei, questa lettura?

R. – A volte si intende Papa Francesco come un Papa dolce, buono e lui effettivamente è così, è molto buono, è molto dolce; ma è la dolcezza evangelica, che spesso poi diventa lotta, diventa conflitto. Nei suoi testi, anche nei testi che ha scritto prima di diventare Papa, la parola “lotta” ricorre tantissime volte. Direi che il Vangelo - in realtà – unisce, ma anche divide, perché svela i cuori. Certamente – ma lo stiamo vivendo e stiamo anche assistendo anche a quello che avviene in certi circoli – la parola del Papa viene strumentalizzata, viene abusata; il Papa stesso viene criticato e attaccato. Tutto questo fa parte del processo, il Papa ne è consapevole e quindi il conflitto, in qualche modo, è inevitabile. E’ vero c’è questa potenza di male che emerge e che diventa conflittiva nei confronti – diciamo - di un bene, che però è molto diffuso, capillare e che avanza. 








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