2014-12-30 12:56:00

"American Sniper": il cecchino di Eastwood né martire né eroe


Arriva sugli schermi italiani giovedì prossimo il nuovo film di Clint Eastwood “American Sniper”, che racconta le esperienze di vita e di morte del cecchino Chris Kyle, interpretato da Bradley Cooper, gettato nell’abisso della guerra iraqena e tragicamente assassinato nel 2013 da una recluta che cercava di aiutare dopo il suo definitivo ritorno in patria e in famiglia. Il servizio di Luca Pellegrini:

Distesi a terra, imbracciato il loro fucile, ascoltano le istruzioni dell’ufficiale di addestramento: "Sentite il vostro respiro riempire ogni singola cellula del vostro corpo. Dobbiamo avere il controllo del nostro respiro e della nostra mente". Sono ragazzi americani che dovranno ricordare questo dominio del corpo e della mente quando si ritroveranno gettati nella sanguinaria follia di una guerra spaventosa, quella che si è combattuta in Iraq, Paese senza pace. Tra questi c'era Chris Kyle, un ragazzone nato in Texas nel 1974, educato in una famiglia dai rigidi principi religiosi e con una dote naturale: la mira infallibile.

Famiglia e fucile
E’ il motivo per cui negli annali dell'esercito e nella vulgata dei media è stato descritto come "il più letale cecchino della storia militare degli Stati Uniti" e a lui Clint Eastwood dedica il suo trentaquattresimo film, narrandolo come un tragico personaggio che cova e poi fa esplodere le ferite irreparabili - psicologiche, fisiche, morali e materiali - che la guerra apre nella sua normale esistenza, divisa tra patria e famiglia, entrambe con i loro valori di riferimento. Nel film, più che la dimensione del militare, è quella umana di Kyle ad attrarre il celebre regista, che ha dichiarato come interessante fosse capire perché un ragazzo della provincia americana potesse essere spinto dall'andare a combattere in Iraq ben quattro volte, per un totale di oltre milleduecento giorni, mettendosi il fardello sulle spalle di oltre centosessanta uccisioni di potenziali kamikaze e nemici, avvenute durante le sue missioni a Ramadi, Fallujah e Sadr City. I viaggi nella guerra di Kyle sono alternati ai suoi ritorni a casa, segnati dagli effetti sempre più devastanti di quelle tragiche esperienze.

Né martire né eroe
E’ un personaggio complesso e in fondo vulnerabile, che lotta, come ha affermato il produttore Robert Lorenz, con i suoi demoni interiori e cerca di sorreggersi aggrappandosi a ciò che diventa la cosa più importante della sua vita, la famiglia. Kyle è diviso a metà, sa di fare la cosa giusta per salvare i compagni e la cosa sbagliata quando deve sparare anche ai bambini, gettati in quell'incubo con le bombe tra le mani e l'odio nel cuore. Ma il film di Eastwood non indugia sul sangue e sulla violenza, ma su ciò che scorre di umano e terribile nelle vene di Kyle e della società americana segnata dal terrorismo, nelle famiglie arabe stritolate dal terrore, nella disperazione della moglie, nell'innocenza dei figli. Facendo del cecchino né un martire e nemmeno un eroe, ma un soldato insieme sicuro di sé e fragile, quasi costretto a credere, per amore del suo Paese, in ciò che fa: una guerra completamente sbagliata e inutile, le cui terribili conseguenze subiamo tragicamente ancora oggi.








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