2014-12-26 10:47:00

Santo Stefano: don Maspero, la sua forza è quella di Gesù


La Chiesa ricorda oggi Santo Stefano, il primo martire, che morì lapidato chiedendo a Dio di non imputare questo peccato ai suoi assassini. Come in passato, ancora oggi tanti cristiani vengono uccisi a causa della fede. Sul significato della ricorrenza, Federico Piana ha intervistato don Giulio Maspero, docente di Teologia alla Pontificia Università della Santa Croce:

R. – E’ forse sconcertante! Noi ieri eravamo a fare festa, tutt’ora questo è un periodo di festa, ma allo stesso tempo e da tempo immemorabile - le prime testimonianze sono del V secolo - subito dopo Natale c’è Santo Stefano e poi fra un paio di giorni festeggeremo i Santi Innocenti e quindi altri martiri. E’ come se la Liturgia ci mettesse vicino a Gesù subito le persone che lo hanno seguito. Forse anche San Giovanni Evangelista può essere considerato un martire del cuore insieme alla Madonna, però questa è già una finezza. Sicuramente c’è una intenzione della Chiesa, nella sua sapienza, di farci vedere che Gesù è venuto, ma che questa non è una favola: lo stesso freddo e il gelo della grotta, lo stesso modo della nascita di Gesù hanno un senso e Gesù non è che viene, nasce e poi muore perché è nato come noi uomini, c’è una grande differenza rispetto a noi: Gesù in un certo senso nasce per morire, nasce per salvarci. E in questo senso il martire, le persone che gli stanno vicino, che seguono Gesù molto da vicino sono persone disposte a morire, perché amano perfino i nemici, perché sanno che Gesù ha portato la vita e quindi sono disposte perfino a morire volontariamente, quando vengono messe alle strette, per essere fedeli a Gesù: tra Gesù che è la vita - questo Bambinello che abbiamo davanti agli occhi - e il tradimento, loro scelgono Gesù. E il caso di Stefano è particolarmente bello: lui è il primo, quindi è il Protodiacono nel senso proprio che è il primo diacono; ed è il primo martire, il Protomartire. E’ particolarmente bello perché nel suo martirio, che è narrato dalla Parola di Dio stesso - nella Sacra Scrittura sono il capitolo 6 e 7 degli Atti degli Apostoli - si vede proprio come lui ripercorra la morte di Gesù. In greco il martire è il “testimone”; rende testimonianza alla presenza di Cristo nella vita. Gesù è venuto per non scomparire più. Non è che viene e se ne va, ma viene e rimane tra di noi: “Io sarò con voi per sempre”, dice Gesù alla fine del Vangelo di Matteo. Quindi la forza di Santo Stefano è la forza di Gesù, quello che dice Santo Stefano, in qualche modo, ricalca quello che dice Gesù ed è molto evidente anche da ciò che scatena l’ira degli ebrei che non capiscono la predicazione di Stefano, perché in primo luogo quello che fa Stefano è parlare del Tempio: lui fa uno dei discorsi più lunghi, forse il più lungo degli Atti, dove parte da Abramo e arriva a dimostrare che sostanzialmente Gesù è il Tempio.

D. – Ovviamente il Signore non chiede quel tipo di martirio a noi cristiani. Però il martirio che noi abbiamo quotidianamente, la piccola Croce delle cose quotidiane, dobbiamo imparare a prenderlo. Forse quello è il nostro piccolo martirio…

R. – Un sorriso può essere un piccolo martirio: sorridere ad una persona che magari ti è molesta o con la quale non ci si è capiti. Anche tra marito e moglie, molte volte, ci sono piccoli martiri: l’amore va avanti grazie a piccoli martiri. Il Signore, a volte, chiede il martirio: Papa Francesco sta sottolineando come dobbiamo renderci conto che i martiri ci sono oggi e che ci sono più martiri oggi di prima. Stefano non è un fatto del passato, ma è un fatto del presente: le notizie di cronaca purtroppo ce ne parlano. Però il martirio riguarda ogni cristiano e passa attraverso le cose piccole: se uno è capace di appoggiarsi al Signore per perdonare nella propria vita familiare, per affrontare il proprio lavoro e farlo bene, è un piccolo martirio.








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