2014-12-26 10:25:00

Afghanistan: mons. Marcianò prega per vittime innocenti


Un pensiero “ai tanti bambini che muoiono e a tutte le morti dimenticate”, tra gli afghani come tra i cristiani in Siria e in Iraq, è stato rivolto nell'omelia di Natale dall'arcivescovo ordinario militare per l'Italia, mons. Santo Marcianò, ad Herat per una visita al contingente italiano in Afghanistan. Così come Papa Francesco, anche mons. Marcianò, ha pregato per le vittime innocenti delle violenze. Luca Collodi gli ha questo quale sia il senso della sua visita ad Herat:

R. – E’ il saluto del vescovo di questi militari, tenendo presente che le missioni sono a supporto della pace, anche se si esplicitano in diversi ambiti e con particolari compiti, ma il fine resta sempre la pace. La pace che è sicurezza, la pace che è promozione sociale, la pace che è promozione culturale. Ed è quello che fanno i nostri militari. So che i militari, soprattutto nei teatri operativi, vivono il Natale con una sensibilità particolare, che non è – mi permetto di dire – quella dell’Italia: in Italia lo si vive con le proprie famiglie, si vivono quelle emozioni che sono legate a tradizioni e ad affetti. Qui la sensibilità religiosa viene acuita paradossalmente proprio dalla mancanza di quegli affetti. Il Natale lo si vive in modo più autentico: lo si vive come accoglienza di quel Cristo che si fa uomo e accoglie l’umanità per salvarla.

D. – Mons. Marcianò, l’elemento religioso, questo incontro tra religioni, quale risultato può portare sul mantenimento della pace?

R. – Io mi sento di ribadire quanto il Papa ha scritto, l’altro giorno, ai cristiani del Medio Oriente: c’è una dimensione dell’Islam che punta alla pace, che promuove la pace, che crede nella pace. Questa dimensione è vissuta dalla maggior parte dei musulmani: qui questo si tocca con mano ed è quello che i militari possono verificare. Ed è con questa gente che i cristiani - e i cristiani che sono militari - entrano in dialogo. Debbo dire che questo dialogo diventa quanto mai costruttivo, perché la collaborazione della gente locale è fondamentale per l’opera che i militari svolgono e non solo a livello di addestramento di quello che deve essere l’esercito per poi assicurare la sicurezza del Paese, ma anche per quanto riguarda la promozione civile, la promozione culturale, la promozione dell’uomo. Mi verrebbe di dire che questa missione in Afghanistan non è stata e non è per nulla vana per ciò che io ho potuto costatare, vedere e verificare proprio da tutti questi punti di vista e credo che ancora debba, in qualche modo, continuare: sarà una decisione che verrà presa dalla Nato, però certamente è una missione che deve ancora sopportare questo Paese.

D. – Un pensiero anche a un’altra realtà, quella indiana, per la vicenda dei due militari italiani, i marò…

R. – Io sono in continuo contatto con i due fucilieri, Massimiliano e Salvatore. E’ una situazione che indigna tutti, anche come cittadini italiani. E’ ovvio, siamo a Natale e non possiamo non accendere ancora di più e alimentare la virtù della speranza. Comunque io mi auguro che il governo italiano - che ringrazio per quanto sta facendo e da ordinario militare mi rendo conto degli sforzi dell’esecutivo - attraverso tutti i mezzi e tutte le vie lecite possa al più presto risolvere un problema che è certamente dei due fucilieri, ma che diventa un problema ancora più ampio perché riguarda il Paese Italia. Massimiliano sta attraversando un momento difficile per via della salute, che credo non si potrà risolvere nel breve periodo e quindi probabilmente avrà bisogno di fermarsi ancora in Italia. Salvatore vive una esperienza che diventa sempre più difficile, sia per il modo di vivere, per il tenore di vita, per lo stile di vita che conduce lì, all’interno dell’ambasciata, ma soprattutto per la lontananza dalla famiglia e per quella vita normale che ogni persona umana ha diritto di vivere. 








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