2014-12-23 14:37:00

Cortile Gentili. Mons. Raspanti: da 5 anni spazio d'attrazione


Si è riunito per la prima volta lo scorso 18 dicembre, in Vaticano, il neo Comitato scientifico del “Cortile dei Gentili”, la struttura dedicata al dialogo con i non credenti, inserita nel Pontificio Consiglio della Cultura. L'incontro è avvenuto nel quinto anniversario del discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana, datato 21 dicembre 2009, che ispirò la creazione del “Cortile”. In proposito, Fabio Colagrande ha intervistato mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, coordinatore del Comitato Scientifico del “Cortile dei Gentili”:

R. – È un’ispirazione che prestissimo ha trovato sponde nel mondo intellettuale, universitario e accademico, ma anche nel mondo più ampio della cultura come modo di essere, come modo di pensare della gente, perché quando in questi cinque anni sono state chieste delle collaborazioni a tutti i livelli, con persone ovviamente non credenti molto spesso, e le risposte sono state sempre entusiaste, pronte, immediate.

D. – Qual è secondo lei l’intuizione originaria del Cortile?

R. – Benedetto XVI voleva davvero creare questo spazio di dialogo, perché ha suggerito che c’è una ricerca nel cuore dell’uomo e questa ricerca deve essere concreta nella nostra società – sia europea-occidentale, sia all’interno del vasto mondo delle religioni – e non è interpretata esclusivamente dal cristianesimo e meno  ancora dalla Chiesa cattolica, ovviamente, ma è molto più ampia. Questa ricerca giace nel fondo del cuore dell’uomo e talvolta non riesce a esprimersi come vorrebbe e soprattutto non sempre riesce a collegarsi alla voglia di fraternità e di pace che c’è nel cuore di tutti gli uomini in tutti i continenti. Allora, aprire uno spazio in cui sia chi non crede, sia gli uomini delle altre religioni possano dare piena espressione a questa ricerca – anche se non sempre esplicitamente “etichettata” con nome di religione, riti e quant’altro, ma spingendo l’acceleratore sul piano della fraternità, della solidarietà, del sentirsi una sola cosa, aspetto legatissimo al senso della pace – è stata veramente una bella intuizione perché appunto, come dicevo prima, subito ha trovato eco nei cuori, nelle anime e nelle menti di tantissime persone.

D. – Come, secondo lei, la Chiesa in uscita di Papa Francesco si sposa con le finalità del Cortile dei Gentili?

R. – Papa Francesco sta apprezzando, perché il Cortile è come un piccolo rimorchiatore che riesce ad andare, a entrare nei meandri, nei fondali in cui la grande nave non riuscirebbe a entrare. Per cui, penso si coniughi molto bene perché per certi aspetti è un punto d’avanguardia, una vedetta, un luogo davvero dove si sta insieme. Siccome il Santo Padre ci vuole prossimi a tutti, a chi soffre e a chi cerca – a chi soffre ne cuore e a chi soffre nel corpo – allora penso che una “falange” come quella del Cortile riesca davvero a poter uscire dagli schemi soliti, dai cliché culturali, mentali, soliti, per addentrarsi in territorio ancora inesplorati.

D. – Quali prospettive di sviluppo del Cortile sono emerse nella prima riunione del suo Comitato scientifico?

R. – Prima ancora di qualsiasi contenuto da affrontare, tutti hanno riconosciuto che poterlo fare a partire dalla Santa Sede è un valore aggiunto perché permette un raggio, un respiro universale,  e dall’altra parte anche un’autorevolezza che è data dai duemila anni della Chiesa e da un’imparzialità che la Santa Sede ha rappresentato e rappresenta ancora oggi all’interno dei popoli e delle nazioni. Altro punto abbastanza importante è stato la sottolineatura di un metodo di lavoro: prima ancora che i contenuti, il come dialogare, come portare avanti, come non scivolare per esempio in dei semplici convegni… Il Cortile vuole piuttosto smuovere i cuori, fa mettere in gioco le persone stesse che molto spesso sono sia rappresentanti delle istituzioni che degli opinion leader e che dunque si espongono e si mettono loro stessi in cammino. E allora bisogna trovare un metodo, quindi un linguaggio che accomuni, delle parole che riescano a far esprimere tutti insieme in maniera concorde e che riescano a parlare davvero al cuore della gente perché incidano nei loro costumi e, soprattutto, diano speranza e orizzonti di luce.








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