2014-12-22 17:00:00

Bimbisenzasbarre: non condanniamo i figli dei detenuti


Nella settimana di Natale un pensiero particolare va anche a tutti i figli dei detenuti che non potranno passare le feste con i propri genitori. Dal 21 al 28 dicembre è possibile inviare Sms solidari al 45507 per sostenere la campagna di Bambinisenzasbarre “Non un mio crimine, ma una mia condanna”. A spiegare di cosa si tratta è, al microfono di Corinna Spirito, la stessa fondatrice dell’associazione, Lia Sacerdote.

R. – È una campagna di sensibilizzazione per fare attenzione su questo tema che noi portiamo avanti da ormai 12 anni che è del mantenimento della relazione tra genitori e figli quando un genitore è detenuto. Questi bambini hanno questo problema da affrontare, che è quello di incontrare i propri genitori in carcere, e quindi il carcere deve essere adeguato a questo. Ma soprattutto la campagna è una campagna di sensibilizzare per la comunità affinché non emargini questi bambini, che hanno dei bisogni specifici, che sono dei diritti. Questo ci ha portato a firmare la prima Carta italiana e la prima Carta europea dei diritti dei figli dei genitori detenuti, che non vuole stigmatizzare questi bambini, perché i bambini sono tutti uguali, non hanno bisogno di buonismo, ma è molto importante che siano diventati diritti.

D. – Come crescono questi bambini, che hanno un genitore in carcere?

R. – Crescono con questo problema, ma possono crescere molto bene, anzi possono essere una promessa: vivono con la possibilità effettivamente che di avere delle difficoltà che li può portare allo stesso destino dei genitori, ma se incontrano una società accogliente, che non li emargina, questi bambini possano anche vivere una vita buona.

D. – Ad oggi ci sono dei pregiudizi nella comunità nei confronti di questi bambini?

R. – Sì, i pregiudizi sono molti! Assimilare i figli ai genitori è la cosa più grave che possiamo fare per questi bambini, perché davvero hanno bisogno di tutt’altro: di essere sostenuti, perché sono dei bambini che hanno delle difficoltà in più, ma che non hanno alcuna colpa. Quindi è molto importante che non ci sia questa assimilazione alla condizione del genitore. Come si dice sempre: “Che le colpe dei padri non ricadano sui figli”.

D. – Dal 21 al 28 dicembre sarà attivo il numero solidale 45507 per mandare degli sms: a chi saranno devoluti i fondi raccolti?

R. – Questi finanziamenti andranno a costruire quelli che noi chiamiamo “spazi gialli”, che sono proprio degli spazi all’interno del carcere, dove i bambini possono attendere e prepararsi all’incontro col genitore, che è un incontro per loro molto importante, ma che crea delle aspettative e delle ansie. Questi spazi ci sono nelle carceri milanesi, dove noi siamo presenti; adesso li stiamo estendendo in Emilia, in Piemonte, in Campania… Ma c’è bisogno di fondi per allestire lo spazio, ma anche per avere degli operatori formati che siano in grado di accogliere questi bambini e le loro domande e di sostenerli in questa esperienza che loro fanno quando entrano in carcere.

D. – Uno dei punti che tocca di più la vostra campagna è anche la battaglia affinché i bambini possano avere accanto a sé i genitori in alcuni momenti importanti della loro vita…

R. – Sì, certo! Questo è veramente un punto del Protocollo di intesa che noi chiamiamo “Carta dei diritti dei genitori detenuti”, che sintetizza tutti i diritti, oltre che i bisogni. Uno di questi è proprio quello di poter avere il proprio genitore accanto nei momenti più importanti che possono essere il primo giorno di scuola, una cerimonia religiosa particolare… Quindi questa è una richiesta che viene fatta al magistrato, che deve autorizzare un genitore ad uscire dal carcere, proprio per cominciare ad avere una visione diversa del carcere per non sottrarre ai figli i genitori per anni.

D. – Siamo sotto le feste di Natale: è possibile immaginare un futuro in cui i detenuti e i propri figli possano passare le feste insieme oppure è soltanto una utopia?

R. – Oggi è un’utopia, ma è anche un augurio, perché - proprio in questi giorni – abbiamo visto delle autorizzazioni dei magistrati proprio per poter andare a casa a Natale o a un compleanno del proprio figlio. Quindi le cose stanno cambiando. È proprio un tema culturale, un’apertura e una visione diversa del carcere.








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