2014-12-03 07:00:00

30 anni fa il disastro di Bhopal: oggi impianti più sicuri


La notte tra il 2 e il 3 dicembre di 30 anni fa a Bhopal, in India, lo stabilimento chimico della "Union Carbide" andava in avaria, riversando 40 tonnellate di gas tossico. Almeno ottomila le persone uccise solo nelle prime settimane, oltre 500 mila le persone coinvolte nella contaminazione, per quello che è stato definito come il più grave disastro industriale della storia. Ma cosa successe allora e com’è cambiato il mondo dell’industria chimica? Michele Raviart lo ha chiesto al professor Alberto Ricchiuti dell’Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale:

R. – Dalle fonti che abbiamo consultato nel tempo devo dire che ancora non si riesce a capire bene cosa sia successo. Possiamo dare un’indicazione sintetica: una serie di errori tecnici e gestionali, a mio avviso difficilmente ripetibili e giustificabili alla luce delle tecnologie in uso 30 anni fa in un Paese allora in via di sviluppo. Oggi, sappiamo che è una potenza mondiale, allora forse non era così, e in un contesto ambientale particolare, cioè un impianto chimico che era ubicato in un’area densamente popolata. Ma non solo: aveva ancora caratteristiche di edifici abitativi in grado di fornire protezione alla popolazione: era sostanzialmente uno "slum", una baraccopoli attorno allo stabilimento.

D.  – Oggi è pensabile un verificarsi di una situazione del genere? Quali sono le procedure da mettere in atto?

R.  – Per quanto riguarda il nostro Paese, direi più in generale l’Europa, proprio a seguito dell’evento di Bhopal nonché dell’evento di Seveso - che ricordo era accaduto alcuni anni prima nel nostro Paese - fu emanata una direttiva, la "direttiva Seveso", la prima di una serie che adesso è arrivata alla terza, che dettava norme molto rigorose per gli stabilimenti, non solo chimici, che detengono sostanze pericolose in grandi quantitativi. Da applicare in caso di errori umani o di malfunzionamenti tecnici che potrebbero appunto sversare parte di queste sostanze nell’ambiente.

D.  – Qual è la conseguenza nell’ambiente di un riversamento di queste dimensioni?

R. – L’effetto ambientale principale in realtà è stato l’effetto sulla salute delle persone che vivevano nell’area circostante, trattandosi di un gas è evaporato.

D. – Il gas che si era riversato era l’isocianato di metile, che veniva utilizzato per la produzione di fitofarmaci, cioè di pesticidi. Quali sono le specificità di questo gas?

R. – E’ un gas molto tossico, che adesso viene scarsamente utilizzato. Posso dire che in Italia – alla luce dell’ultimo censimento delle sostanze pericolose presenti, che noi facciamo sulla base delle dichiarazioni dei gestori – non risulta presente isocianato di metile.








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