2014-12-02 13:02:00

Putin blocca il progetto SouthStream in polemica con Ue


La Russia taglia drasticamente le stime sul Pil 2015. Da una crescita dell'1,2%, cala a 0,8%, con la recessione già nel primo trimestre dell'anno. Il viceministro dell'Economia, Alexey Vedev, cita le sanzioni sull'Ucraina come "elementi di instabilità" strutturali e geopolitici. Intanto, il presidente Putin fa sapere che rinuncia al progetto di gasdotto "South Stream", che nelle ultime settimane era stato messo in forse dalla Commissione europea a seguito delle sanzioni legate alla crisi in Ucraina. Dell’ultima decisione di Putin e della crisi economica in Russia, Fausta Speranza ha parlato con Luigi Geninazzi, editorialista di Avvenire:

R. – E’ il segnale che la tensione fra Russia e Unione Europea sta raggiungendo un altro vertice. “South Stream” è il gasdotto che avrebbe dovuto fare il paio con “North Stream”, quello ormai già approvato a nord della Germania. Il progetto “South Stream” era pensato un po’ per aggirare l’Ucraina. E questo perché era una rotta energetica verso l’Europa che, secondo Mosca, non era sicura. Però, aveva un costo molto elevato. Dopo la crisi ucraina, l’Unione Europea ha avanzato sempre più obiezioni. Diciamo che Putin, oltre che giocatore di scacchi, è un gran giocatore di poker, e ha fatto un bluff: visto che Bruxelles aveva avanzato molte perplessità, ha fatto lui la prima mossa e ha detto: “Allora non lo facciamo più”.

D. – Tutta la questione delle sanzioni sta pesando su Mosca, anche se Putin ha provato a minimizzare dicendo che le sanzioni avrebbero pesato più sull’Europa…

R. – Sì, certo. Il discorso delle sanzioni sta pesando perché colpisce un po’ i settori strategici: il finanziamento – per esempio – alle grandi imprese. Dobbiamo tenere presente che le grandi compagnie energetiche sono fortemente indebitate con l’Occidente, e quindi va a colpire questi interessi strategici, blocca gli investimenti futuri, il transfer di tecnologie, eccetera. Però, è questa la cosa interessante: la peggiore sanzione, a mio avviso, è quella che non è stata proclamata come tale, il crollo del prezzo del petrolio. Qualcuno a Mosca pensa che sia una manovra degli Stati Uniti, d’accordo con gli alleati dell’Arabia Saudita, che all’interno dell’Opec ha voluto bloccare comunque la produzione anche se il costo sta calando… In ogni caso, al di là di tutte le teorie, il fatto è che il petrolio, che per Mosca per essere a un livello ancora sufficientemente redditizio sarebbe dovuto rimanere al di sopra dei 100 dollari al barile – diciamo che la linea rossa era stata tracciata a 80 dollari, perché sotto gli 80 dollari incomincia ad essere un vero disastro – nelle ultime settimane è sceso sotto i 70, pochi giorni fa ha toccato i 64 dollari. Quindi, questo è quello che pesa veramente. Provoca la caduta del rublo sul mercato valutario e ha già costretto Putin, il governo di Mosca, a operare dei tagli sul welfare state, cioè sullo stato sociale. E già ci sono proteste: abbiamo visto le proteste dei dipendenti del settore sanitario, poi delle scuole e così via… Perché Putin, con i proventi del petrolio e del gas ha sempre in questi anni alimentato una generosa politica sociale. Per esempio, la pensione a 60 anni, cosa che da noi in Occidente ormai è un sogno, l’aumento di stipendio ai dipendenti pubblici, cosa anche che da noi in Occidente non succede più… Adesso, tutto questo incomincia a venir meno.

D. – La Banca centrale russa ha cercato in ogni modo di difendere il rublo, ma continua a calare. E un’altra cosa che prosegue è la fuga dei capitali, addirittura il doppio rispetto al 2013. E' così?

R. – La Banca Centrale russa si sta svenando per sostenere il rublo! Si calcola che abbia già speso 90 miliardi di dollari per sostenere il rublo. Oggi, a Mosca, ci vogliono più di 60-64 rubli per un euro: sei mesi fa, ce ne volevano 45. Quindi, questa è una situazione che costa molto, perché se si calcolano 40 miliardi di dollari di perdita per le sanzioni, più 100 miliardi di mancati incassi per il crollo del prezzo del greggio, si registra veramente un grosso buco nelle finanze.








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