2014-12-01 14:02:00

Siria. Mons. Jeanbart: nell'inferno di Aleppo cristiani testimoni di speranza


Il premier iracheno, lo sciita al Abadi, sostiene che il presidente americano ha esitato a lungo ad aiutare Baghdad di fronte alla minaccia degli jihadisti dello Stato islamico a differenza di quanto ha fatto l'Iran. Baghdad non è, quindi, disposta a sacrificare il proprio rapporto con Teheran "perché' qualcuno glielo chiede". Le dichiarazioni di al Abadi sono riportate in un'intervista al quotidiano siriano "al Mayadeen". Intanto ancora morti si registrano negli scontri contro gli jihadisti, in particolare a Bengasi in Libia, dove tra l’altro è stato ucciso un leader jihadista siriano. Il servizio di Debora Donnini

 

E’ Sohaib el Hamroush il leader siriano dell’Is ucciso dai servizi segreti militari libici, in una casa dove si nascondeva a Bengasi, nell'est del paese. Nel corso della stessa operazione durata 4 giorni, è stato liberato un ostaggio canadese che lavorava per una compagnia petrolifera e sono stati arrestati 20 jihadisti. In tutto sono ormai oltre 450 le persone uccise nel corso dei violenti combattimenti che si sono registrati nelle ultime settimane a Bengasi tra le milizie islamiche e le truppe dell'esercito libico fedeli al generale Khalifa Haftar. Si continua a combattere anche in Iraq: è di 30 militanti dello Stato islamico uccisi il bollettino dei raid internazionali condotti stamani sulla città di Mosul mentre almeno 16 guardie di frontiera irachene sono rimaste uccise nell'assalto lanciato da un gruppo di jihadisti in una zona al confine con la Siria. Intanto il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite ha annunciato di essere stato costretto a sospendere, a causa di mancanza di fondi,  il programma di buoni alimentari destinati agli oltre 1,7 milioni di rifugiati siriani che si trovano nei paesi limitrofi alla Siria. E  secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero  4.220 le persone uccise in Siria nel solo mese di novembre. 

 

E ad Aleppo, nel nord della Siria, la comunità cristiana, con decine di volontari, resta in prima linea nella distribuzione di aiuti di ogni genere. Vivo e constante anche l’impegno nelle attività religiose. Marco Guerra ne ha parlato con mons. Jean Clement Jeanbart, vescovo greco-melkita di Aleppo:

 

R. – I giovani - ma anche i più anziani, i preti, i sacerdoti, i vescovi, tutti quanti… -  si mettono insieme per aiutare la gente ad andare avanti in questa situazione molto difficile e veramente molto pesante per tutta la popolazione, per i cristiani ma anche per tutti gli altri. I giovani sono numerosi e lavorano in ogni parrocchia, in ogni luogo, in ogni Centro di distruzione di aiuti… Sono in maggioranza volontari, che vengono a dare una mano a coloro che organizzano questo aiuto, che viene poi distribuito a quanti ne hanno bisogno.

D. – La distribuzione di aiuti e il sostegno ai bisognosi sono rivolti anche ai musulmani?

R. – Sì! Forse anche più ai musulmani che non ai cristiani: e questo perché le organizzazioni cattoliche internazionali che aiutano – come la Caritas – esigono che questo aiuto venga dato a tutti! E quando si fa per tutti, vuol dire che i cristiani ricevono il minimo… Accettiamo tutto questo come segno di fratellanza, ma anche come segno di solidarietà e di rispetto. Invece noi, come vescovi, facciamo il possibile per aiutare i cristiani specificatamente: io faccio molti sforzi per aiutare i cattolici in differenti modi, affinché possano continuare e resistere alla tentazione di andarsene.

D. – Quindi la comunità cristiana continua ad essere un punto di riferimento per tutta Aleppo, per tutta questa città martoriata dalla guerra…

R. – Senz’altro! Ha dato un segno di solidarietà, ma anche di carità e di misericordia e questo fa veramente onore e dà anche un’idea molto bella della Chiesa: dell’amicizia, della bontà dei cristiani nel mondo e della loro sensibilità. Proprio ieri uno dei miei sacerdoti, con un musulmano, ha tenuto una conferenza: ero presente con diversi miei sacerdoti ed era presente anche gente musulmana. E’ stato un incontro molto bello… Speriamo che questa cultura del dialogo e della fratellanza possa portare sicurezza a tutti quanti.

D. – Al di là degli aiuti materiali per la popolazione che soffre, la comunità cristiana continua a vivere anche i suoi riti, le sue liturgie?

R. – In tutte le comunità – ci sono differenti riti e differenti chiese – ci sono centinaia di battesimi; un po’ meno matrimoni, ma comunque ce ne sono. Le celebrazioni liturgiche sono tante quante erano prima, forse una o due in meno, che sono state soppresse perché non c’erano tantissimi fedeli: come lei sa, il 25% della popolazione si è spostata, è andata via… Questa è la grande ferita che abbiamo: la partenza e la migrazione di giovani che lasciano e se ne vanno via. Facciamo tutto quello che è possibile per cercare di tranquillizzarli ed incoraggiarli, con le parole, con i nostri bollettini, ma con la nostra presenza e con le celebrazioni. Ho chiesto a tutti i miei sacerdoti che facciano il massimo affinché questo Natale sia un Natale di gioia, un Natale di speranza; che facciano in modo di riuscire a dare ai giovani un’occasione per esprimersi, ed essere felici di stare insieme; ma anche per i più anziani di creare occasioni per stare insieme come piccoli banchetti o qualcosa del genere, e per i più giovani gli alberi di Natale… Facciamo tutto quello che è possibile affinché sia un Natale di speranza. Abbiamo fatto lo stesso in occasione della Pasqua: ci sono stati alcuni incidenti, ma è andato bene… E’ stata un’occasione per tutti quanti di essere rassicurati e per noi una consolazione importante.

D. – Quindi il mosaico siriano può essere ricomposto anche da iniziative come la vostra?

R. – E’ molto importante! Facciamo tutto quello che è possibile per ricomporlo, affinché sia un esempio non soltanto per la Siria e per tutto il mondo arabo, ma anche per il mondo intero. Perché islam non vuol dire esclusione: sono 40-50 anni che viviamo con i musulmani, in una società in cui tutti hanno la propria fede, tutti sono rispettati e la legge è uguale per tutti.








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