2014-11-28 13:31:00

Cala prezzo del petrolio, riassetto degli equilibri mondiali


Petrolio ancora in flessione, dopo il forte calo di ieri dovuto alla decisione dell'Opec di non tagliare le quote di produzione. Il servizio di Fausta Speranza:

Nel mese di novembre, il prezzo è diminuito di circa il 15%. Ma si parla di 30% se si considera l’ultimo periodo da giugno. In ogni caso, l'Arabia Saudita convince l'Opec a non tagliare la produzione di petrolio: i prezzi, sostiene, si stabilizzeranno da soli. Vince così il braccio di ferro con l'Iran e, soprattutto, con il Venezuela. Carlo Andrea Bollino, docente di Energia alla Luiss:

R. – Debolezza della domanda dei Paesi industrializzati, prolungarsi della crisi in Europa, rallentamento della Cina anche nella restante parte del mondo, fanno sì che ci sia minore domanda di energia. L’Opec ha deciso di non forzare sui prezzi e questo può essere letto in due modi. Apparentemente come una forma di debolezza dell’Opec, che non è capace di tenere alti i prezzi. Ma io penso invece che sia un modo dell’Opec per rafforzarsi nella nuova competizione con le nuove fonti energetiche che sono lo Shale Gas e lo Shale Oil americano, cioè il petrolio da scisti, che è il nuovo attore che prepotentemente sta venendo sulla scena mondiale.

D. – C’è da aspettarsi qualche significativa mossa da uno degli attori?

R. – Io penso di no, ma potrei essere smentito domani mattina. Penso che gli attori vogliano lasciare al mercato, cioè a noi consumatori dei Paesi industrializzati – le industrie europee, quelle cinesi, quelle americane – il determinare quale sia la quantità di energia che serve per la ripresa economica. E poi, a quel punto si gioca la competizione fra i due grandi nuovi soggetti, che come ho detto sono l’Opec e il nuovo petrolio americano.

Il petrolio riporta immediatamente al Medio Oriente e a conflitti pluridecennali, ma le implicazioni geopolitiche sono ormai davvero mondiali. Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:

R. – Oggi, il petrolio resta legato al Medio oriente ma non solo. Resta legato, perché naturalmente la maggior parte dei Paesi che aderiscono all’Opec, e che quindi gestiscono in un modo o in un altro il prezzo del greggio, sono in Medio Oriente. Ma non è più così strettamente legato, perché ci sono anche spinte esterne di Paesi che non aderiscono all’Opec, o che comunque si trovano fuori dall’area mediorientale, che hanno un ruolo importante all’interno dell’Opec stesso e che si muovono con interessi diversi rispetto ai più grandi produttori che si trovano lì.

D. – Dunque, petrolio e nuovi equilibri non più mediorientali ma mondiali…

R. – Assolutamente sì. Qui è tutto legato assolutamente ad interessi – ripeto – interni, ma anche di supremazia sia all’interno dell’Opec, sia all’interno dell’area mediorientale, ma anche di contrasto tra quelle che una volta erano le superpotenze e che non si scontrano soltanto su semplici questioni – ripeto, come quella ucraina – ma anche, e questo è molto, molto più importante, su questioni economiche ed energetiche. Proprio a Vienna si è visto, in occasione della decisione di tenere la produzione del greggio uguale: questo ha portato a un abbassamento del prezzo intorno ai 70 dollari e a una strada alleanza tra due Paesi che probabilmente non avremmo mai pensato che sarebbero stati insieme: Arabia Saudita, da una parte, e Iran, dall’altra. Si sono uniti per interessi totalmente diversi: l’Arabia Saudita per contrastare l’ulteriore produzione degli Stati Uniti e l’Iran per usare una nuova carta sul tavolo delle trattative per il nucleare. Sono stati d’accordo nel tenere la produzione uguale, non abbassarla, esponendo quindi il prezzo del petrolio a un abbassamento. Ci sono poi implicazioni anche su altri: penso a Europa e America Latina, che per motivi diversi di politica interna e soprattutto di economia interna invece volevano un taglio della produzione per aumentare il prezzo. E poi c’è la Russia, che non è parte dell’Opec, ma che aveva bisogno ed ha bisogno in ogni caso di un prezzo alto, anche in conseguenza di una serie di sanzioni che la stanno colpendo da un po’ di tempo per le questioni ucraine. E poi, ancora, il Venezuela che è Paese Opec che ha bisogno di un prezzo molto alto del petrolio proprio per rinsaldare e ridare vitalità ad una economia che negli ultimi anni ha raggiunto dei livelli molto bassi.

La prossima riunione dell'Opec è fissata per il 5 giugno.








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