2014-11-25 13:38:00

Iran, nucleare. Cesi: accordo incompleto poteva avere effetti negativi


Si discute dopo il mancato accordo sul nucleare iraniano tra Teheran  e le potenze del 5+1, Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania. Il dialogo resta comunque aperto, con una nuova scadenza per un’intesa fissata a fine giugno del 2015. Al centro la questione dell’arricchimento dell’uranio, che lo rende utilizzabile per fini pacifici ma anche, a gradi di purezza elevati, per il nucleare della bomba atomica. Per una lettura di questo risultato, Debora Donnini ha intervistato Francesca Manenti, analista del Centro studi internazionali per l’Asia e il Pacifico:

R. – Andare a definire un risultato non completo per entrambe le parti, quindi sia per l’Iran sia per la comunità internazionale attiva nel processo negoziale, poteva essere una vittoria a metà.

D. – Secondo alcuni, però, si è persa un’occasione importante, perché da gennaio Obama si troverà a confrontarsi con un Congresso a maggioranza repubblicana, con posizioni più rigide verso Teheran, tanto che ieri il segretario di Stato, John Kerry, ha chiesto proprio il sostegno del Congresso…

R. – Un accordo non soddisfacente per entrambe le parti probabilmente avrebbe avuto effetti maggiormente negativi. Pensiamo solo che un accordo che non avesse soddisfatto in pieno il governo iraniano avrebbe compromesso la posizione e quindi la libertà di manovra del presidente Rohani agli occhi delle frange più conservatrici. D’altra parte, un accordo che non fosse stato soddisfacente nemmeno per la Comunità internazionale e quindi, per esempio, per le opinioni pubbliche dei Paesi direttamente coinvolti – pensiamo solo all’opinione pubblica e alle forze repubbliche all’interno degli Stati Uniti – avrebbe comunque potuto mettere in difficoltà l’attuale amministrazione e quindi probabilmente anche compromettere quelli che potrebbero essere altri punti di contatto tra la comunità internazionale e l’Iran.

D. – I commenti, infatti, che vengono dall’Iran sono di segno diverso: per il presidente Rohani si sono ricomposte la maggior parte delle divergenze e si arriverà a un accordo definitivo entro l’anno prossimo, mentre l’ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema iraniana, denuncia il “tentativo fallito” delle “arroganti” potenze occidentali, dice, di piegare la Repubblica islamica…

R. – Gli equilibri sono molto delicati e, appunto, l’opposizione forte delle forze conservatrici, in primis della Guida suprema, in un certo senso rendono questa estensione della "dead line" per i negoziati nucleari non così fallimentare, come a una prima lettura potrebbe invece sembrare.

D. – Ma c’è speranza poi di arrivare ad un accordo effettivamente, come auspica Rohani?

R. – I punti attualmente in discussione sono ancora molti. La volontà da entrambe le parti sicuramente sembra esserci, perché se ci fosse stata l’intenzione di chiudere definitivamente il negoziato, di fronte a dei punti ancora irrisolti dopo un anno di trattative, i negoziati sul nucleare con i 5+1 sarebbero potuti essere stati interrotti già nella giornata di ieri. Invece, la necessità o comunque l’intenzione di portare avanti ancora fino al prossimo giugno questa trattiva, dà un buon segnale di avvicinamento tra l’Iran e la comunità internazionale.

D. – Quanto influenza tutto questo la presenza dello Stato Islamico nella regione?

R. – I colloqui sul nucleare hanno offerto la possibilità alla comunità internazionale di avvicinarsi all’Iran e di cercare di costruire quel clima di fiducia che per tanti anni è venuto a mancare. Dare l’occasione per estendere questo canale negoziale tra due parti, per molti anni distanti, può essere letto anche come un tentativo di continuare a coinvolgere il governo iraniano anche su temi attualmente molto più controversi e molto delicati, in primis la crisi di sicurezza in Iraq e in Siria e quindi la minaccia dello Stato Islamico nella regione.








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