2014-11-14 13:28:00

Tor Sapienza. Il parroco: situazione di abbandono, attendiamo risposte


Scendono in piazza domani a Roma i Comitati di quartiere di diverse zone della capitale contro il degrado. L’iniziativa nasce dopo le polemiche e le violenze che hanno interessato nei giorni scorsi il Centro per richiedenti asilo di Tor Sapienza, alla periferia est di Roma. Oggi, hanno tentato di rientrare nella struttura 14 immigrati minorenni allontanati ieri, ma senza successo perché i locali non sono sicuri. Di situazione di abbandono, parla don Marco Ridolfi, parroco di S. Cirillo Alessandrino a Tor Sapienza, al microfono di Davide Capano:

R. – A me sembra che stiamo assistendo a una e vera propria “guerra tra poveri”. Per carità, con questo non intendo assolutamente sminuire le inquietudini, il senso di solitudine o l’esasperazione della gente del quartiere. Sentimenti che comunque ci sono… Penso però che ciò cui stiamo assistendo sia veramente troppo. Non c’è nessuna cosa che alla fine possa giustificare la violenza. Onestamente, ciò che mi rattrista in questi giorni è pensare o leggere che tutto il quartiere non sia accogliente, che tutto il quartiere sia razzista… Non mi sembra sia una fotografia che descriva al meglio il cuore del quartiere, perché altrimenti non mi spiegherei tutte quelle braccia che disinteressatamente ti portano la spesa, ti portano i vestiti e non ti dicono: “Mi raccomando dalli soltanto agli italiani”…

D. – Quindi, don Marco, quello che accade a Tor Sapienza è frutto di un disagio più generale, di altri problemi?

R. – Certamente è un disagio generale. Onestamente, io non credo che se dovessero sgomberare totalmente questo Centro di accoglienza, domani la gente si sveglierà più tranquilla. Ci sono delle problematiche più generali e che si possono riassumere in una sola parola: la paura di sentirsi abbandonati, la paura di sentirsi soli proprio in periferia, alla periferia della periferia.

D. – Ma le istituzioni sono presenti o sono assenti?

R. – Se fossero presenti a 360 gradi, questo malcontento non si respirerebbe nell’aria. Ma è anche giusto che io dica che in questi giorni sì, si sta parlando molto, e ciò che sta facendo più rumore naturalmente è questa violenza. Però, è anche vero che sono giorni in cui siamo a stretto contatto con la segreteria del sindaco per presentare quelle che sono le problematiche del quartiere. E non parliamo soltanto di problemi di tolleranza o intolleranza: qui si parla di prostituzione, si parla di spaccio, si parla di sicurezza per le strade, si parla di buio e di scarsa illuminazione… E su questo  il sindaco ha assicurato una risposta. Speriamo sia veramente così.

D. – Che ruolo può avere la parrocchia in un contesto del genere e in una situazione del genere?

R. – Io penso che la nostra missione principale sia quella intanto di pregare e questo non significa sprecare tempo. Poi, naturalmente, la nostra missione è quella di aiutare la gente ad incontrare Gesù, per evitare appunto di leggere, vedere e vivere la tua vita soltanto a partire da te stesso. In definitiva, io sto pensando tanto in questo periodo a come fare in modo che tutto ciò che vediamo non ci renda brutto il cuore. Quindi, la nostra missione è quella di non fare appassire il cuore e soprattutto di spingere la gente a comprendere che la violenza non può essere l’ultima o l’unica arma che la gente può avere per farsi ascoltare da chi di dovere.








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