2014-11-07 16:58:00

Politica e società, Bertinotti: "Viviamo in regimi post democratici"


La politica è stata prima accompagnata e poi divorata dal cinismo  del mercato. Tutto risale alla storica sconfitta del movimento operaio. Ciò ha prodotto una sostanziale mancanza di prospettiva della stessa politica. Dal dopoguerra  ad oggi, abbiamo conquistato lo stato sociale, i diritti dei lavoratori, allargato progressivamente la democrazia, mantenuto la centralità del Parlamento, vitalità culturale. Dagli anni ’60, i partiti erano, per un verso, l’architrave del sistema politico, dall’altro grandi educatori, agenzie di formazione.  Oggi i partiti hanno dismesso lo sguardo sul futuro e vivono il ‘brevi-tempismo’  del  qui e ora, non dettato dalla politica ma dalle tecnocrazie europee. Viviamo in una sorta di teatro dei burattini, in cui il burattinaio non si vede, ma è il grande capitalismo globale.

Oggi, viviamo in regimi post-democratici. I partiti sono ridotti a pura cassa di risonanza dei governi. Non si votano più leggi di iniziativa popolare o parlamentare. Ci sono solo atti del governo e basta. E’ in atto uno svuotamento del Parlamento, che nel sistema politico italiano era principale. Anche il partito di governo è però dimezzato, perché abbiamo vincoli europei e la sorveglianza della tecnocrazia europea, che rappresenta una costruzione non democratica che governa i Paesi.  Non viviamo più in regimi davvero democratici. Il popolo non decide né in Europa, né in Italia. Abbiamo, in realtà, un governo oligarchico dell’Europa.  Abbiamo al vertice il capitalismo finanziario, poi la tecnocrazia europea, la BCE, il FMI, la Commissione europea. Oggi  la legge di bilancio di un Paese, quella che un tempo era la legge finanziaria, è a sovranità limitata. Tu, puoi votare chi vuoi, ma poi tutti devono passare sotto le forche caudine di realtà sovranazionali.

Le leggi elettorali, di cui si discute oggi, sono figlie della cultura del tempo. La legge elettorale dovrebbe rispondere per prima cosa alla partecipazione popolare e solo dopo alla governabilità. Oggi, invece, il dibattito sulla legge elettorale è concentrato su come si possa comunque governare, anche in assenza di consenso.

Purtroppo, credo che nel gioco politico delle forze attuali non ci sia salvezza.  Il sistema è irriformabile dal suo interno. E’ omologato. Le forze della politica sono fatte per selezionare il ceto politico per l’alternanza di governo. Non per i cittadini e le loro esigenze. Gramsci parlò di rivoluzione passiva. Ciò che accade oggi spinge, al momento del voto, la gente a fare due cose. La prima è decidere chi ci deve governare, la seconda è come trovare il modo di protestare, votando contro, contro il ceto politico. Terzo, si restringe sempre più l’area del voto.  Ciò non ci pone nella condizione di cercare di condividere un altro modello economico e sociale..

E’ la società civile che deve ribellarsi, pacificamente e culturalmente, all’attuale sistema. Come? Con un incontro di culture diverse, di associazioni, leghe, del mondo cattolico, della cooperazione, del volontariato. Questo incontro può far pensare ad un futuro diverso dall’attuale.  Serve un dialogo tra culture e forze critiche, movimenti e uomini di buona volontà che ragionino, tutti, con la propria testa.

Il Pd si divide? Non credo. Il Pd, non è un partito di sinistra, centro o di destra. E’ il partito unico del  governo.  Può avere qualche fuoriuscita, ma non la scissione.  Oggi il Pd è il partito del governo che non ha opposizione. Per riconoscimento generale, comprese le opposizioni, è l’unico chiamato a governare.  Vediamo alla prova Grillo. Non credo, personalmente, che la sua esperienza sia finita. E’ invece finita la storia del centrodestra che verrà per lo più assorbito da Renzi. Temo invece che possa crescere una destra pericolosa che guadagni consensi sulla sofferenza dei ceti popolari.

 








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