2014-11-04 13:43:00

Onu: al via la Campagna che dice stop all’apolidia


Ogni dieci minuti nasce un bambino senza patria. Un dato che fa rabbrividire e che l’Onu vuole azzerare in dieci anni. Parte così oggi la Campagna “I Belong” (letteralmente “Io appartengo”), promossa dall’Acnur, l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, per cancellare la piaga dell’apolidia, che coinvolge oggi 10 milioni di persone.

All’iniziativa hanno aderito già moltissimi nomi noti: da star del calibro di Angelina Jolie ad aziende come United Colors of Benetton, fino ad arrivare a Desmond Tutu, arcivescovo sudafricano premio Nobel per la Pace, tutti hanno apposto una firma alla lettera aperta “10 milioni di firme per cambiare 10 milioni di vite”.

“I Belong” si basa sulla consapevolezza che l’apolidia è “un problema unicamente creato dall’uomo e facilmente risolvibile se ci fosse la volontà dei governi”. A nascere senza cittadinanza sono, infatti, spesso delle minoranze etniche discriminate dallo Stato. Pensiamo al Myanmar che ospita il maggior numero di apolidi al Mondo: circa 800.00 membri dell’etnia Rohingya, di fede musulmana, a cui la nazionalità è rifiutata sulla base di una legge del 1982, che limita anche la libertà religiosa e l’accesso all’istruzione.

Un gruppo molto ampio è anche quello dei Bihari nel Bangladesh: circa 600.000 ex sovietici senza nazionalità a 20 anni dalla disgregazione dell’Urss. E ancora: sono senza patria anche i 500.000 bambini nati da madri siriane rifugiate, in questi tre anni di conflitto, in Paesi vicini come Egitto, Turchia, Libano, Iraq e Giordania, che non hanno mai rilasciato loro un certificato di nascita.

Una situazione preoccupante perché i bambini apolidi (circa un terzo del numero totale delle persone senza patria) rischiano di trasmettere il loro sfortunato statuto alle future generazioni, allargando il fenomeno anziché arginarlo.

“I Belong” parte perché nessun bambino nasca più apolide, condannato non solo a vedersi negati diritti come l’istruzione e la sanità, ma anche a provare la sensazione di vivere continuamente nell’illegalità e ad essere considerato “invisibile dalla culla alla tomba”. (C.S.)








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