2014-11-03 15:16:00

Gas serra. Il climatologo Castellari: politica segna il passo


Gas serra ai massimi livelli sul pianeta Terra. A lanciare l’ennesimo allarme è il Gruppo intergovernativo di esperti Onu sul cambiamento climatico (Ipcc). In un Rapporto presentato ieri a Copenaghen – sintesi del lavoro di migliaia di scienziati di 190 Paesi – si invitano i Paesi a ridurre le emissioni di CO2 dal 40 al 70% tra il 2010 e il 2050, per farle poi sparire del tutto nel 2100. Roberta Gisotti ha intervistato Sergio Castellari, climatologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, membro per l’Italia dell’Ipcc:

La parola d’ordine è ridurre gli investimenti nel carbone, adottare energie rinnovabili, fermare la deforestazione, a evitare – ammonisce il Rapporto Onu – un impatto severo, globale, irreversibile sull’intero pianeta. Sono passati però quasi 10 anni dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il Trattato internazionale sul riscaldamento globale. Sergio Castellari, questa volta sarete ascoltati?

R. – Guardi, la Ipcc ha proprio il ruolo di allertare e di rendere consapevoli sulla ricerca scientifica climatica i decisori politici: quindi ne sono consapevoli. Hanno ora un documento che possono usare per la prossima Coonferenza  a Lima, a dicembre, per il processo negoziale della Commissione quadro sui cambiamenti climatici.

 D. – Quali sono le novità di questo Rapporto?

 R. – Quello che viene fuori è che abbiamo assolutamente bisogno, se vogliamo contenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi – e questo è l’obiettivo che permette di avere degli impatti non irreversibili nel nostro sistema climatico – di agire nei prossimi decenni con delle politiche forti di riduzioni delle emissioni, con uso molto efficace di energie rinnovabili e di efficienza energetica. Continuando sempre con l’uso dei combustibili fossili, noi creeremo un riscaldamento globale tra i 3 e i 4 gradi entro la fine di questo secolo. Questo porterà a delle perdite economiche: avremo problemi sulle risorse idriche, problemi sanitari, problemi di inquinamento… Agire per mitigare, agire per ridurre le emissioni di gas serra mediante efficienza energica, aumento dell’efficienza energetica e mediante l’uso delle energie rinnovabili è più economico. E può veramente portare un maggior sviluppo della nostra società.

 D. – Ci sono dei Paesi più virtuosi in questo percorso politico avviato dal Protocollo di Kyoto?

R. – Sicuramente, l’Europa è sempre stata leader negli ultimi 20 anni nell’ambito delle politiche climatiche. Ma sta accadendo qualche cosa anche in altri Paesi. Ormai, i Paesi a economia emergente sono quelli che immettono di più: la Cina emette ormai, pro capite, come l’Unione Europea. Se prendiamo tutte le emissioni dei Paesi in via di sviluppo quindi comprendendo anche la Cina, il Messico, il Sudafrica – questi emettono più del 60% delle emissioni globali di Co2. Quindi, ormai il ruolo di emettitori forti lo hanno preso i Paesi a economia emergente. Però, è anche vero che tutte le emissioni accumulate – la Co2 che è stata accumulata nell’Oceano e nell’atmosfera fino adesso – sono nella maggior parte state emesse dai Paesi sviluppati, negli ultimi 100 anni. Quindi, sicuramente c’è questa responsabilità storica dei Paesi sviluppati, ma dall’altra parte oggi vi sono anche i Paesi ad economia emergente come la Cina, che è diventata la leader dell’energia rinnovabile, però fa anche molto uso del carbone… Purtroppo, questo porta a delle forti emissioni di carbonio. Quindi, diciamo che si sta muovendo qualcosa e diciamo che adesso tocca alla politica... L’Ipcc ha fatto il suo lavoro.

 D. – E’ però innegabile che vi sia uno scoraggiamento da parte delle opinioni pubbliche di fronte a questi Rapporti, cui poi non vediamo – o forse non ne siamo informati –  seguire delle politiche, le politiche dei governi che decidono. Abbiamo una comunità scientifica in qualche modo inascoltata…

 R. – Credo, sì, che la consapevolezza del pubblico in generale in Italia – quindi parliamo del nostro Paese – non sia altissima sui cambiamenti climatici, proprio perché c’è anche poca comunicazione. Questa è anche una colpa di noi scienziati, ma anche una colpa dei media. Credo sarebbe bello se, ad esempio, il servizio pubblico della Rai investisse molto di più su documentari e su informazioni di alto livello, ma semplice e ben fruibile dal parte del pubblico su temi questi. La scienza climatica è perfettamente legata con le scelte energetiche, le scelte politiche. Aumentare la consapevolezza nel pubblico italiano può portare un giorno forse anche a che il pubblico possa scegliere con l’elezione dei politici più consapevoli su questo.








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