2014-10-28 19:01:00

Stato-mafia, deposizione di Napolitano. Intervista a Giovagnoli


Deposizione di tre ore al Quirinale del Presidente Napolitano davanti alla Corte d’assise di Palermo, sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il Capo dello Stato ha chiesto che sia subito trascritto il colloquio. Giampiero Guadagni

Mai saputo all'epoca di accordi tra apparati dello Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi. Così Napolitano nella sua deposizione al Quirinale,  presenti una quarantina di persone tra i giudici, pm e avvocati  delle sette parti civili e dei 10 imputati, compreso il legale di Totò Riina. Il presidente  ha risposto a tutto in modo molto ampio e con grande collaborazione, ha detto al termine il procuratore di Palermo Agueci.  Napolitano ha tra l'altro  spiegato di non essersi turbato per l'allarme attentati lanciato dal Sisme nel luglio 93 che riguardava la sua persona e quella di Spadolini, allora rispettivamente presidenti di Camera e Senato.

Altro tema sul quale è ruotata la deposizione: le preoccupazioni espresse dall'ex consigliere giuridico del Quirinale D'Ambrosio, nella lettera di dimissioni, respinte, datata giugno 2012, un mese prima di morire. D'Ambrosio era stato da poco interrogato sulle sue telefonate con l'ex ministro dell'Interno Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo per la presunta trattativa Stato-mafia. Nel documento, reso peraltro pubblico dallo stesso Quirinale, D'Ambrosio avanzava il dubbio di essere stato strumento di indicibili accordi tra l'89 e il '93, anni in cui era all'Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia. Napolitano ha ribadito che D’Ambrosio non gli parlò mai di quei timori. 

 

Il Pd parla di giornata di giornata triste per le istituzioni, secondo il Pdl nel mondo arriva un immagine kaput dell'Italia. Per un commento abbiamo sentito il  politologo Agostino Giovagnoli

R. - La chiarezza è certamente fondamentale in vicende di questo tipo. Resta da capire se l’insistenza su questa deposizione sia andata nel senso della chiarezza o se, invece, si sia inserita in un complesso gioco che travalica le mura del tribunale collocandosi in un più ampio contesto politico e mediatico. A me pare di cogliere una nota di tristezza in questa vicenda perché forse non sarebbe stato necessario coinvolgere il capo dello Stato in un chiarimento che, in realtà, aveva già dato. E anzi in una spettacolarizzazione che, probabilmente, non aiuterà per un risultato di estrema chiarezza, come necessario in questo momento.

D. - Potrebbero esserci in qualche modo delle conseguenze per il proseguimento della permanenza di Giorgio Napolitano al Quirinale oppure le cose sono assolutamente disgiunte?

R. - Io spero che non ci siano delle conseguenze. Mi sembrerebbero del tutto improprio. Lo stile sobrio, cortese, disponibile ma in qualche modo anche superiore che Napolitano ha dimostrato in questa circostanza, dovrebbero aiutare a ricondurre tutta la vicenda entro confini più propri. 








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