2014-10-24 16:28:00

I giovani e la precarietà del lavoro. Il problema dell'adultescenza


Come i giovani possono essere aiutati dalla Chiesa di fronte al dramma della mancanza di lavoro e della difficoltà a concretizzare un progetto familiare? I criteri di rilancio della vita spirituale e l'investimento nella cultura dei valori del cristianesimo per fronteggiare la crisi. Il gesuita Francesco Occhetta, del Collegio degli Scrittori di Civiltà cattolica, Consulente nazionale dell'UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) e il prof. Giuseppe Savagnone, direttore dell'Ufficio Cultura della diocesi di Palermo, docente di Dottrina Sociale della Chiesa all'Università LUMSA di Palermo, anticipano ai nostri microfoni i temi dei loro interventi al Convegno nazionale CEI "Nella precarietà la speranza", in corso a Salerno fino al 26 ottobre e promosso dalle Commissioni per il Laicato, la Famiglia, il Lavoro.

"I giovani di oggi non sono né sdraiati, né troppo resilienti", spiega Occhetta. "La Chiesa può sostenerli innanzitutto a scoprire la loro vocazione più profonda, tenendo conto che va difeso il 'lavoro umano' ed educandoli al valore del lavoro come 'qualificazione del cittadino', in quanto il lavoro contribuisce a rinsaldare quell'affectio societatis, che altro non è che il modo di costruire il bene comune. Il problema - precisa il gesuita - è che viviamo in un tempo in cui sembra ormai troppo diffuso il fenomeno dell'adultescenza: un neologismo che definisce il giovane che rifiuta di diventare adulto, e l'adulto che permane in una condizione di adolescenza. E lancio tre criteri: uscire dalla propria terra come Abramo, immergersi nel nascondimento della quotidianità del lavoro come Cristo, non risparmiarsi al sacrificio del lavoro". 

"Noi viviamo in una cultura in cui la speranza è ridotta a zero anche perché la nostra società ha il culto dell’attimo fuggente, trasmette il messaggio che ciò che conta è come ci si sente in questo momento", afferma Savagnone. "Lsperanza suppone il proiettarsi oltre il presente, in qualcosa che ancora non c’è e che si ritiene più importante della propria condizione attuale. Questo appiattimento sul 'nunc' ha implicato, dal punto di vista del lavoro, la crisi completa dell’idea di missione, esaltando il culto dell’autorealizzazione, che di per sé è un valore importantissimo ma che dovrebbe essere il risultato di questa tensione verso un fine ulteriore. Manca insomma completamente l'idea di impegno per il futuro. Dobbiamo dunque educare le persone ad una mentalità molto diversa da quella odierna. Si tratta di formare i laici, e ciò richiede una pastorale non solo basata sui riti, ma attenta alla cultura cristiana. E quando parlo di cultura cristiana - sottolinea - intendo una cultura che caratterizzi la nostra identità dal punto di vista di una umanità vera, non parlo di crociate, per capirci. E il lavoro e la famiglia sono il sigillo di questa umanità. Bisogna sconfiggere la mentalità del posto fisso in cui imbucarsi. Questo non corrisponde alla logica del lavoro, non crea occasioni reali di sviluppo".

 








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