2014-10-22 12:48:00

"Fratelli d'Ebola", tavola rotonda di Caritas e Camilliani


Creare laboratori per velocizzare gli esiti dei test sull'Ebola, riaprire gli ospedali e dare una maggiore assistenza alle famiglie e alle migliaia di orfani. Questi alcuni dei temi urgenti di cui si è discusso nella tavola rotonda  “Fratelli d’Ebola”, che si è svolta ieri a Roma. L‘incontro è stato promosso da Caritas Italiana, dai Camilliani e da altre associazioni di volontariato. Il servizio di Marina Tomarro:

Otre 9.000 casi di Ebola con più di quattromila decessi e tre Paesi - la Sierra Leone, la Guinea e la Liberia - con una condizione sanitaria ormai fuori controllo. E’ questa la drammatica situazione delineata nell’incontro “Fratelli d’Ebola”. Una condizione che, giorno dopo giorno, peggiora sempre di più, con oltre il 60% della popolazione che vive in situazioni di grande disagio, senza conoscere bene come difendersi dall’epidemia. Ascoltiamo Moira Monacelli, referente di Caritas italiana in Africa dell’Ovest:

“Una situazione assolutamente grave. I numeri che arrivano, gli aggiornamenti che arrivano parlano di una epidemia che si sta espandendo in un contesto di profonda povertà, in un contesto in cui le comunità, soprattutto le comunità remote, sono in grave difficoltà in una situazione già precaria precedentemente. Il problema è sanitario e va affrontato dal punto di vista sanitario, ma va anche affrontato dando ulteriori risposte dal punto di vista della sicurezza alimentare, dell’assistenza psicologica, del supporto morale, dell’assistenza non solo in beni alimentari ma anche non alimentari, dell’assistenza alle migliaia di orfani che ci sono e che non avranno necessità solo di una emergenza nel breve termine, ma anche nel medio e lungo termine”.

E durante l’incontro, padre Natalio Paganelli, amministratore apostolico di Makeni, in Sierra Leone, in collegamento telefonico, ha raccontato di un milione di persone messe in quarantena, soprattutto nella parte nord del Paese, con interi distretti isolati, dove diventa difficilissimo far arrivare anche cibo acqua e medicine. Ma cosa possono fare i governi e gli organismi internazionali? Ascoltiamo ancora Moira Monacelli:

“Anzitutto, appoggiare e supportare questi governi nei piani di risposta e farlo concretamente rafforzando i propri sistemi sanitari: coordinandosi con loro, coordinandosi con i governi, con le comunità locali, con le istituzioni locali per una risposta integrata ai bisogni e anche multisettoriale. Una risposta, quindi, che cerchi di rispondere ai diversi bisogni, ai bisogni prioritari, in coordinamento con le associazioni locali, con le istituzioni locali”.

Intanto, diversi ospedali chiudono per mancanza di personale specializzato o per paura del contagio. Tra questi anche quelli internazionali, come è successo per la struttura sanitaria del Fatebenefratelli che si trova ad Lunsar, in Sierra Leone. Fra Marco Fabello, responsabile della comunicazione per l’organizzazione:

“La situazione dei nostri ospedali, sia in Monrovia che in Sierra Leone, in questo momento è quella di ospedali chiusi, chiusi per motivi di sicurezza. Per poter accogliere nuovi malati, bisogna che il personale sia preparato, che la struttura sia adeguata e che vi siano tutte le certezze per cui, riaprendo l’ospedale, non si ricreino situazioni peggiori con ulteriori aggravamenti in casi di Ebola. Quindi, si aprirà solamente quando saremo sicuri che avremo trovato certezza e sicurezza per i malati. Speriamo che il governo locale ci aiuti a trovare un modo, un qualche sistema per individuare i malati di Ebola in modo che non possano entrare in ospedale, perché dobbiamo curare i malati non di Ebola, perché sono quelli che muoiono di più".

Questa situazione porta ad un aumento di morti dovute non solo all’Ebola, ma soprattutto alla mancanza di cure per altre patologie. Ascoltiamo ancora Fra Marco Fabello:

“Con la paura dell’Ebola non si ricoverano più! E allora succede, soprattutto per la maternità, che i bambini nascono dove nascono e che le mamme partoriscano come partoriscono… E poi, c’è anche la malaria: la malaria fa 100 mila morti l’anno”.








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