2014-10-21 12:07:00

Chiesa pakistana: Giornata di digiuno e preghiera per Asia Bibi


La Chiesa pakistana celebra oggi la Giornata di digiuno e preghiera per Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia e in attesa del ricorso alla Corte suprema, ultimo passaggio per scongiurare l'uccisione di una innocente. Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi Rufin Anthony - riporta l'agenzia AsiaNews - sottolinea che "preghiamo per Asia Bibi, la sua famiglia, per Zafar Bhatti e le altre persone imprigionate a causa delle leggi sulla blasfemia".

Maulana Muhammad Mehfooz Ali Khan, del Consiglio per l'ideologia islamica, ricorda che lo scopo delle leggi è quello di "proteggere la sacralità della religione e il profeta Maometto". Tuttavia, aggiunge, "nessun innocente dovrebbe essere vittima in nome della religione" e gli abusi compiuti "vanno condannati". 

Dal canto suo Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Foundation”, impegnata in Pakistan per il miglioramento della vita dei cristiani e anche nella difesa di cristiani ingiustamente accusati di blasfemia, in un colloquio all'agenzia Fides afferma che “ci sono troppi interessi in gioco dietro al caso di Asia Bibi. Troppi poteri forti e troppe pressioni che, alla fine, coprono e finiscono per calpestare la verità dei fatti”.

All’indomani della sentenza di appello che ha confermato il verdetto di morte per la donna cristiana accusata di blasfemia, il direttore nota a Fides: “Continuiamo a sperare perché, da cristiani, la nostra fede alimenta la speranza. Continuiamo a pregare per Asia Bibi e per il suo rilascio, perché il Signore la protegga e la consoli”, dice Masih. “Ma ci sono molti elementi che non inducono all’ottimismo. Basti ricordare che sulla testa di Asia pende ancora una taglia, promessa da un imam, che premia chi la ucciderà”. 

Secondo Barkat, “le pressioni e la mobilitazione internazionale possono essere utili”, ma soprattutto “è necessaria la volontà politica del governo e delle massime autorità pakistane” se si vuole porre fine a un storia segnata da evidenti ingiustizie. Ma il Premier attuale, Nawaz Sharif, “in passato ha dato ampio spazio a gruppi estremisti e approvato la legge sulla blasfemia per calcolo politico: dunque non sembra quello più adatto a prendere posizione contro tali pressioni”. “La corruzione e il desiderio di sfruttare il caso per fini economici è un altro aspetto presente” aggiunge Haroon Barkat.

Il direttore ricorda infine che alla Corte Suprema la sentenza di condanna può essere ribaltata e che, anche in caso di condanna, il Presidente del Pakistan avrebbe sempre il potere di concedere la grazia. (R.P.)








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