2014-10-17 10:54:00

Sinodo. Coniugi Ciavarella: un amore vero non teme la castità


Tra le sfide pastorali emerse nell’aula sinodale c’è la proposta cristiana ai fidanzati della castità prematrimoniale. “Non è facile proporre ai giovani questo valore, spesso interpretato come un divieto, ma che in realtà è un invito vivere in pienezza e nel dono totale di sé il Sacramento del matrimonio”. Lo spiegano i coniugi Giuseppe e Lucia Petracca Ciavarella, uditori al Sinodo, medici di professione,  e da anni attivi nella pastorale familiare. Paolo Ondarza li ha intervistati:

R. (Marito) - Questo è uno dei problemi che noi sia come famiglia che come catechisti affrontiamo. Bisogna preparare i giovani affinché possano rispondere in maniera positiva a questa che viene indicata dalla Chiesa come necessità che poi porta, attraverso la castità, alla donazione di sé, a un dono molto più grande nel matrimonio.

(Moglie) - Oggi basta vedere un po’ tutte le fiction televisive: la sessualità viene cosificata, banalizzata, per cui far camminare i giovani attraverso la bellezza della conoscenza, educarli alla sessualità, all’affettività, a un’attesa, fa sì che loro rafforzino il loro essere coppia. Non sono poche le coppie che si presentano, per esempio, a un percorso di preparazione al matrimonio che noi facciamo e magari hanno alle spalle dieci, dodici anni di fidanzamento, alcune volte anche di convivenza. Dopo un percorso di riflessione e discernimento, a volte decidono di vivere la castità prematrimoniale per poter gustare più in pienezza e meglio il senso del dono totale con il sacramento del matrimonio.

D. - Ci sono e sono numerose le coppie che vivono coerentemente il fidanzamento cristiano?

R. (Moglie) - Ci sono, ma non sono numerose, anche perché oggi le coppie dicono apertamente di vivere un matrimonio fuori dal matrimonio. Però ci sono e forse è su quelle che dobbiamo fare leva. Parlo di una piccola esperienza nella nostra comunità parrocchiale. Gli animatori di nostri giovani si sono resi conto, ad esempio, in questi ultimi anni che molti dei nostri giovanissimi stanno iniziando un percorso di innamoramento. Allora, hanno messo nel loro programma pastorale un incontro fatto anche con noi coppie sposate da anni per cercare di valorizzare il periodo dell’innamoramento e cominciare insieme una preparazione remota a quella che può essere la vocazione al matrimonio-. Magari far vedere loro la bellezza di un fidanzamento vissuto in castità che è quella donazione per poi arrivare magari al matrimonio - quello vero - o anche alla rottura di un percorso di innamoramento che non è fatto per l’amore totale.

D. - Nonostante la situazione dominante fotografi giovani che scelgono la convivenza, che vivono rapporti prematrimoniali, oggi vale comunque la pena ed è importante ribadire il concetto di amore esigente?

R. (Moglie) - Sì, l’amore deve essere sempre un amore esigente: deve esigere la fedeltà, il dono, la totalità, l’apertura alla vita. L’amore è esigente, sempre.

D. - Non sto parlando con dei teorici, sto parlando con una coppia che ha vissuto il proprio fidanzamento non senza difficoltà…

R. (Marito) - Sì. Noi siamo stati fidanzati per dieci anni, negli anni in cui c’era la contestazione femminista, c’era l’aborto, c’erano altre situazioni che naturalmente non ci aiutavano nel nostro cammino di fidanzamento. Ma oggi è molto più difficile di allora, perché c’è una cultura dominante che non orienta ad un amore fecondo e casto.

(Moglie) - Noi siamo cresciuti come coppia e come famiglia al grido di Giovanni Paolo II: “Famiglia diventa ciò che sei!”. Noi oggi sentiamo il grido dei nostri figli che ci chiedono, “Famiglia dove sei?”. Allora, al Santo Padre noi abbiamo chiesto che, accanto a una Chiesa in uscita, ci sia una famiglia che continui, insieme ai nostri padri nella Chiesa, a portare in ogni casa, in ogni angolo del mondo, il Vangelo della vita.








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