2014-10-15 14:21:00

L'arcivescovo Shevchuk: dottrina non cambia, si sviluppa


Al centro della discussione dei padri sinodali riuniti nei Circoli minori la Relazione dopo la discussione, presentata lunedì mattina. Il testo è un documento di lavoro e non è definitivo. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev in Ucraina:

R. - Stiamo lavorando. Questa Relatio non è un risultato definitivo della discussione. Adesso stiamo studiando nei Circoli minori questo testo. Ci sono molte critiche. Bisogna completare il testo per dare un messaggio molto più chiaro ed equilibrato sia al Santo Padre che ai nostri fedeli. Prima di tutto vogliamo ribadire la dottrina della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. Non abbiamo nessuna intenzione di cambiare la dottrina, ma ci stiamo occupando delle sfide pastorali che non vengono dall’interno della Chiesa ma dall’esterno. Noi cerchiamo il modo migliore per rispondere a queste, riproponendo la chiave gioiosa e positiva del Vangelo della famiglia.

D. - Quali le criticità secondo lei della Relatio post disceptationem?

R. - Bisogna essere molto più chiari. Come si dice, “il diavolo si nasconde nei dettagli”, e talvolta l’intenzione dei padri non corrisponde pienamente al testo formulato. E questo confonde. La dottrina non cambia, si sviluppa, cioè si sta perfezionando per rispondere giustamente alle sfide. Nella storia della Chiesa, la parte dottrinale si è formata come risposta dei cristiani a certe eresie o interpretazioni sbagliate della fede cristiana. Questo non è un Sinodo dottrinale, non siamo qui per discuterle la dottrina, ma per condividere la nostra esperienza pastorale. Stiamo veramente considerando queste grandi sofferenze e queste sfide che la famiglia cristiana soffre nel modo d’oggi.

D. - Le situazioni irregolari verso le quali si sta guardando in atteggiamento di misericordia, di ascolto, quale approccio necessitano?

R. - Da una parte, vogliamo ribadire la dottrina: la famiglia è l’unione stabile, fedele e sacramentale tra un uomo ed una donna. Le altre convivenze non le stiamo considerando come famiglie, però bisogna anche ribadire che, ad esempio, se un uomo ed una donna anche senza il matrimonio ecclesiastico vivono un matrimonio stabile, fertile, fedele, e ci sono questi semina verbi, i semi della verità, questi vanno valorizzati e considerati come un punto di partenza per aiutare queste persone a raggiungere l’ideale evangelico. Forse per la prima volta l’attenzione dei pastori è rivolta verso l’esterno del recinto.

D. - I media hanno parlato di apertura alle coppie omosessuali. Come stanno le cose?

R. - Non è così. Non stiamo parlando di apertura. Si è parlato delle sofferenze di queste persone. Non possiamo considerare l’orientamento omosessuale come un bene da valorizzare; è una grandissima difficoltà che provoca sofferenze in queste persone. Perciò bisogna guardare con occhi chiari: da una parte, non si può identificare la persona con la sua tendenza omosessuale; dall’altra dobbiamo chiederci come possiamo illuminare la loro esistenza - veramente provata dalla sofferenza personale - con la luce del Vangelo.








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