2014-10-15 14:34:00

La crisi ucraina al Vertice euroasiatico di Milano


Resta confusa la situazione nel sudest dell’Ucraina, dove la tregua sancita il 5 settembre viene ancora violata. I bombardamenti tra Donetsk e Makiivka nelle ultime  24 ore hanno provocato almeno tre vittime e una decina di soldati ucraini risultano accerchiati nella regione orientale di Lugansk da un gruppo di cosacchi filorussi. Sullo sfondo, resta il braccio di ferro con Mosca, piegata dalle sanzioni di Ue e Usa. Uno spiraglio potrebbe venire dal vertice euroasiatico dell'Asem, che si apre domani a Milano, alla presenza anche di Mosca e Kiev. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Aldo Ferrari, responsabile ricerche Caucaso Russia dell’ Ispi, l'Istituto per gli Studi di politica internazionale:

R. - Credo che uno spiraglio ci sia e che in realtà i contatti diretti tra Putin e Poroshenko siano la cosa migliore, perché ho la sensazione che l’intervento della comunità internazionale nella vicenda abbia creato finora più danni che elementi positivi. La speranza c’è, però bisogna tener presente che, fino a oggi, praticamente tutto ciò che è avvenuto ha provocato dei danni gravissimi. Recuperare completamente la situazione, al momento, non è più possibile. Si può soltanto limitare il danno e cercare una via d’uscita nella quale tutti dovranno perdere qualcosa.

D. - In termini concreti, la Russia potrebbe fare sul terreno un passo indietro, cominciare a ritirare truppe che tra l’altro continua ad affermare di non avere mai schierato. Dall’altro, ci potrebbe essere un ammorbidimento delle sanzioni. Sono questi gli scenari possibili?

R. - Questi sono gli scenari possibili, anche se il ritiro effettivo di elementi armati russi da questa regione mi sembra improbabile, perché altrimenti le regioni non sarebbero in grado di difendere quell’autonomia che in qualche misura hanno conquistato. Mosca ha ottenuto quello che desiderava, cioè avere una sorta di cuneo, attraverso questa regione orientale, nella vita politica dell’Ucraina. A mio giudizio, è molto promettente il fatto che il presidente Poroshenko abbia voluto riconoscere a queste regioni orientali qualche autonomia. Questo è un punto importante, ma ritengo comunque che sarà molto difficile avere dei risultati soddisfacenti per tutti. L’Ucraina, tra tutte le parti in causa, è quella più debole. Non rivedrà mai più la Crimea e, presumibilmente, anche il Dombas resterà una regione a statuto speciale: qualcosa di simile - per quanto si può intravedere - alla situazione che hanno nel Caucaso Paesi come l’Abcazia o l’Ossezia del Sud.

D. - L’economia è anche gas e l'Europa su questo fronte ha legami con la Russia ben diversi da quelli che ha l’America. Come si porrà a Milano questo rapporto con la Russia? Ci si sgancerà dagli Stati Uniti sul fronte economico?

R. - Sarei tentato di dire: “Speriamo di sì”. Non dovremmo farci dettare l’agenda politica da Washington su questo aspetto della collaborazione economica e politica con Mosca. Dovremmo seguire i nostri interessi. Finora non è avvenuto, perché Washington può esercitare una forte pressione sull’Unione Europea, al cui interno poi ci sono poi delle posizioni molto diversificate, ma c’è un fronte anti-russo rappresentato dai Paesi Baltici, dalla Polonia e dalla Gran Bretagna che, grazie all’appoggio statunitense, finora è riuscito a dirigere la politica estera europea.

D. - La Russia a suo parere come si presenta a questo vertice? È ancora un colosso o un colosso in crisi?

R. - La Russia è un Paese con grandi difficoltà economiche, i russi ne sono consapevoli. Al tempo stesso, è un Paese che è in grado di esercitare una politica chiara, diretta, se vogliamo di tipo tradizionale, ottocentesco, che in molti contesti è funzionale. Al tempo stesso, è un attore che rischia un ulteriore isolamento, un ulteriore peggioramento della situazione economica. È interesse della Russia che questa situazione si risolva al più presto.








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