2014-10-13 12:31:00

Incontro dei Focolari con i Padri sinodali


Un confronto leale, a tutto tondo, sulle dinamiche di vita delle famiglie oggi. Il dolore del fallimento, il distacco della separazione, il divorzio. Ma anche l’impegno nella formazione delle giovani coppie, il sostegno alle donne con gravidanze non desiderate, la disponibilità a lasciare tutto per portare il Vangelo in terre lontane. E' quanto emerso ieri sera nella sede del Pontificio Consiglio della famiglia a Roma all’incontro che un gruppo di padri sinodali e uditori al Sinodo hanno avuto con un gruppo di famiglie del Movimento dei Focolari.

Accolti dalla presidente e dal vice presidente del Movimento, Maria Voce e Jesus Moran - riferisce l'agenzia Sir - hanno partecipato (tra gli altri) all’incontro il card. Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seoul, e i presidenti delle Conferenze episcopali di Repubblica Ceca, Slovenia, Madagascar, Tanzania, Uruguay. “Non ci sono ricette infallibili, anzi!”, ha esordito subito Alberto Friso di Famiglie Nuove. “Quante volte noi genitori sbagliamo con i nostri figli! A volte siamo troppo permissivi, a volte possessivi, o deboli, o inflessibili quando non serve. Anche qui vale la regola del ‘ricominciare’. Essere sempre pronti a riconoscere gli sbagli e chiedere scusa. E quando è il figlio a sbagliare, non esitare a farglielo osservare, dimostrandogli però fiducia”. 

Spesso ferita, lacerata al suo interno da tradimenti e silenzi colpevoli, la famiglia rimane un luogo “insostituibile” dove si genera e si trasmette la vita. Chi lavora a fianco alle famiglie oggi - ha raccontato Anna Friso (Famiglie Nuove) - ha deciso di vivere in “periferia” perché “come dice Papa Francesco, il cristiano non è tale per restare nell’accampamento, ma per andare nelle periferie del mondo”.

“E in periferia - ha aggiunto Friso - non puoi domandare se la gente è sposata in chiesa, se convive o è separata. Noi accogliamo tutti così come sono, li amiamo, li ascoltiamo profondamente, se possiamo cerchiamo di aiutarli in ciò di cui hanno bisogno. E al momento giusto, ma a tutti, in qualsiasi situazione si trovano, porgiamo lo stesso annuncio: Dio ti ama immensamente. Non c’è nessun uomo che è escluso dall’amore di Dio”.

I vescovi hanno ascoltato anche la storia di Tiziana Giuliani, con alle spalle un matrimonio e 13 anni di bugie, litigi, pseudo-chiarimenti e nuove delusione. Poi l’incontro con un vecchio compagno di scuola e l’inizio di una nuova vita familiare. “Avrei potuto andare in una chiesa dove non sono conosciuta e prendere lo stesso l’Eucaristia - ha raccontato -, ma per obbedienza non l’ho mai fatto”. Tiziana non nasconde ai vescovi il senso dell’“autoesclusione” provato, “la grande solitudine spirituale” vissuta e il “forte disagio nel vedere gli altri dirigersi verso l’altare e io restare nel banco. Mi sentivo abbandonata, ripudiata, colpevole”. 

Ha poi preso la parola Paolo Ricci, anche lui ha alle spalle l’esperienza di un matrimonio fallito. Un racconto sofferto il suo che parte dall’abbandono della moglie, passa per la separazione e gli avvocati, e arriva ad un “deserto interiore”. Ma lui ha deciso di “aspettare” perché - dice - “questo è il matrimonio cristiano. A scatola chiusa. Metti la tua vita nelle mani di Dio, col sacramento, attraverso la persona che sposi, di cui sei innamorato… ma poi l’amore va costruito, anche nel dolore, giorno dopo giorno”.
 
Presenti all’incontro anche i coniugi Dieudonné ed Emerthe Gatsinga, di Kigali in Rwanda che al Sinodo come uditori hanno raccontato la loro esperienza nella formazione delle famiglie, dei giovani sposi, dei fidanzati, principalmente nel loro Paese, ma spesso anche in Uganda, Burundi, Kenya e Congo. Lui ginecologo, lei economista, sposati da 26 anni, hanno 8 figli di cui 4 adottati a causa del genocidio in Rwanda che li aveva resi orfani. “Non è stato facile, raccontano, prendersi cura di 8 figli in un momento di forte criticità sociale ed economica per il nostro Paese e con esperienze tanto dolorose alle spalle. Ma Dio ci ha aiutati e ora sono tutti cresciuti: due di loro ci hanno già resi nonni di tre bambini”. (R.P.)








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