2014-10-13 12:28:00

Fiat da oggi in borsa con Chrysler: nuova società si chiama Fca


Debutto oggi in Borsa a Wall Street e, in contemporanea a Piazza Affari, per il titolo di “Fca”, la nuova società nata dalla fusione di Fiat e Chrysler. La nuova sede del gruppo è ad Amsterdam, la residenza fiscale è a Londra. Per Torino e l’Italia si tratta di un cambiamento epocale, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il giornalista Paolo Griseri, autore del libro “La Fiat di Marchionne. Da Torino a Detroit” edito da Einaudi:

R. – Torino non è più il luogo dove ha sede – quella che fino a poco tempo fa si diceva – la principale azienda privata italiana. Un cambiamento proprio epocale! Non c’è più quel legame esclusivo tra la città e l’azienda. Questa probabilmente è la conseguenza del fatto che era uno dei modi che si aveva per evitare di ridurre ulteriormente l’occupazione e la produzione…

D. – Che significato ha questa pagina per l’Italia?

R. – Ci dobbiamo aspettare che questa alleanza Fiat-Chrysler produca la possibilità per Fiat di avere in Italia una serie di investimenti, che consentano di mantenere ancora aperti gli attuali stabilimenti produttivi. Ed effettivamente la possibilità di azzerare la cassa integrazione - ricordiamo che oggi ci sono stabilimenti come Mirafiori che lavorano 2 o 3 giorni al mese - è una possibilità reale.

D. – Come gli Stati Uniti guardano a questa nuova società?

R. – Per gli Stati Uniti questa è la Chrysler che torna in Borsa. Sia Fiat che Chrysler hanno alle spalle una storia di rischio di fallimento scampato negli ultimi anni. Quindi, per gli Stati Uniti, questo è un ritorno importante, perché una delle tre aziende motoristiche di Detroit torna nel listino di Wall Street, sia pure in questa versione con l’alleato italiano, sia pure dal punto di vista della proprietà, di proprietà italiana. Una cosa che comunque rimane all’Italia è il fatto che al Lingotto resterà la sede di Exor, cioè la finanziaria degli Agnelli, che manterrà il controllo, anzi lo aumenterà, sulla nuova azienda. Per l’America questo ritorno coincide simbolicamente con le celebrazioni del Columbus Day. Ci sono, ovviamente, delle attenzioni soprattutto su cosa succederà dopo: fatta questa fusione, che cosa capiterà a questa società che oggi produce 4 milioni e mezzo di auto, che prevede di produrne 7 milioni nel 2018?

D. – La pagina odierna può avere anche dei riflessi proprio nel complesso della politica industriale italiana dei prossimi anni?

R. – Gli effetti in parte si sono già visti. Certamente è vero che questo è un segnale: tendenzialmente è più semplice per le aziende andare altrove. Naturalmente, questo dipende anche dal fatto che non esiste una omogeneità in Europa, per cui siamo in un’area – quella europea – in cui è possibile farsi concorrenza sulle regole fiscali, che è abbastanza singolare. Un elemento che – secondo me – è importante è che se questo piano di Marchionne si realizzerà, tornerà ad essere visibile la presenza di un forte sistema manifatturiero in Italia. Abbiamo passato decenni a pensare che l’industria fosse finita: in realtà ne abbiamo consegnato pezzi importanti agli altri Paesi! Penso non solo al metalmeccanico, ma anche a quello che sta succedendo nella siderurgia, piuttosto che ad altri settori in cui abbiamo ceduto industria all’estero. Questa vicenda potrebbe far tornare non dico la centralità, ma un peso dell’industria nell’economia italiana, che serva un po’ a riequilibrare quelli che - a mio avviso - sono stati degli errori di sottovalutazione degli anni scorsi.








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