2014-10-07 14:07:00

Corte dell'Aja: in aula Kenyatta ma processo subito rinviato


Attesa al Tribunale dell’Aja, dove domani giungerà in aula, il Presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, imputato per crimini contro l’umanità, il secondo Capo di Stato in carica dopo il Presidente del Sudan al-Bashir ad essere indagato, il primo a comparire davanti la Corte Penale Internazionale, accusato di essere l’ispiratore degli scontri etnici che dopo le elezioni del 2007 provocarono nel Paese africano la morte di almeno 1200 persone e 600 mila profughi. Roberta Gisotti ha intervistato Enrico Casale, esperto di Africa, della Rivista Popoli:

Un processo che morirà sul nascere: se l’accusa ha già chiesto un rinvio a tempo indefinito del processo per insufficienza di prove, e la difesa ne ha chiesto l’archiviazione. Dietro questa volontà di vanificare l’operato della Corte vi sarebbe la pressione dell’Unione Africana. Enrico Casale, quanto è vera questa ipotesi?

R. - E’ vera. Nel senso che l’Unione Africana ha osteggiato, con forza, questo rinvio a giudizio da parte della Corte Penale Internazionale: addirittura ha presentato un'istanza davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, affinché il processo sia rinviato. In questo giocano diversi fattori: il principale direi è che nell’Unione Africana sono presenti molto Paesi che non sono democrazie, ma sono regimi autoritari. E’ chiaro che i Presidenti di questi Paesi non hanno interesse affinché ci sia una giustizia internazionale, che può perseguirli per i loro eventuali crimini perpetrati contro le loro popolazioni.

 D. – L’Unione Africana lamenta – a torto o a ragione – che la Corte dell’Aja sarebbe strumentalizzata dalla Francia e dagli Stati Uniti. E’ pur vero che tutti e 36 i processi per crimini di guerra e contro l’umanità abbiano imputati africani…

 R. – Sì, perché in Africa – negli ultimi 15 anni, direi – si sono perpetrati crimini di una violenza inaudita. Pensiamo solamente a quanto è avvenuto in Darfur: non è un caso che il Presidente sudanese Omar al-Bashir sia stato chiamato a rispondere per questi crimini e addirittura è stato emesso nei suoi confronti una mandato di cattura. Ma poi pensiamo alle stragi che sono avvenute in Libia; alle dure repressioni che sono avvenute, per esempio, in Egitto; a quanto è capitato in Zimbabwe o in Somalia, nel Mali…

 D. – Se non possiamo certo deprecare che la Corte dell’Aja persegua criminali di guerra e contro l’umanità in Africa, dobbiamo però auspicare che lo faccia in tutte le regioni del mondo!

 R. – Certamente! Il principio è che ci sia una Corte Penale Internazionale che giudichi non in base alla forza, ma in base alla forza del diritto questi crimini inauditi, penso anche a quanto è capitato in Rwanda, in Burundi negli anni '90… sono crimini che non hanno trovato una loro - se non parziale – giustizia. Dunque il fatto che ci sia una Corte sovrannazionale, internazionale che riesca a giudicare questi crimini, ad inchiodare alle loro responsabilità gli uomini politici e i militari che li hanno perpetrati è un principio corretto e non dovrebbe essere applicato solo all’Africa, ma anche agli altri continenti, Europa compresa, dove negli ultimi decenni si sono registrate delle crisi terribili: penso all’ex Jugoslavia; ma penso anche alla recente crisi ucraina.








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